L’incontro al ministero dello Sviluppo economico si è chiuso con un nulla di fatto: nessun accordo per la sede romana del call center Almaviva.

È fallito così il tentativo messo in piedi dal Mise per riaprire il tavolo delle trattative, dopo l'esito del referendum tra i lavoratori che si è svolto il 27 dicembre.

La consultazione indetta dalla Slc Cgil ha visto infatti vincere i "sì", favorevoli a una riapertura del dialogo con l'azienda e all'accordo proposto dal governo (che invece non era stato firmato dalle Rappresentanze sindacali unitarie nella notte tra il 21 e il 22 dicembre).

Ma le 1.666 lettere di licenziamento per i dipendenti romani sono già partite. E secondo l'azienda sarebbe stato impossibile, per una serie di ostacoli tecnici e giuridici, revocare la procedura.

Dopo l’avvio dell'iter di riduzione del personale richiesta da Almaviva (2.511 esuberi tra Roma e Napoli, con chiusura delle sedi), il governo aveva proposto un soluzione: allungare la discussione fino al 31 marzo, coprendo intanto i lavoratori con la cassa integrazione. Ma mentre le Rsu di Napoli hanno accettato, quelle di Roma no.

"Dopo 75 giorni di trattativa, nel rispetto di tempi e modi definiti dalla legge - ha comunicato ieri Almaviva Contact - apprendiamo oggi, a seguito di sorprendenti dichiarazioni sindacali, che c'è chi vorrebbe cancellare tutto affermando che la totalità delle rappresentanze sindacali di Roma avrebbe agito contro il volere della maggioranza dei lavoratori. Come se i quasi tre mesi di trattativa fossero semplicemente stati un gioco da parte di chi ora vorrebbe rimuovere la responsabilità di agire sulla base di precise leggi in rappresentanza dei lavoratori".

VERTENZA ALMAVIVA, CORTEO DI LAVORATORI A NAPOLI - VIDEO:

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