«Cara Unione,

leggo con sgomento gli sviluppi della vicenda di Giulia Cecchettin, la giovane studentessa veneta massacrata a coltellate dall’ex fidanzato alla vigilia della sua laurea. 

Ho 52 anni e tre figli maschi, intelligenti, premurosi e rispettosi. Eppure, questa mattina, li guardavo fare colazione, prepararsi a una domenica per due di loro di studio e per un altro di svago, e pensavo: sarebbero mai capaci di fare quello che ha fatto Filippo Turetta? 

Naturalmente no, mi dice il mio cuore di mamma e di donna. E ci metterei più di una mano sul fuoco. Non per questo però, mi sento meno coinvolta nella tragedia della violenza sulle donne e dei femminicidi. Una grave violazione dei diritti umani, come l’ha più volte definita il presidente della Repubblica Sergio Mattarella.

Che riguarda tutti, indistintamente. Perché prima delle leggi, degli investimenti, dell’educazione nelle scuole, il cambiamento parte da noi, da ognuno di noi. Parte dai miei figli, che come i loro coetanei non devono mai abbassare la guardia e cedere alla tentazione dei privilegi del patriarcato, che sono lì a portata di mano. Parte dalle ragazze, che devono fare squadra e lottare per i diritti loro e di tutte quelle donne che storicamente se li sono visti strappare via. Parte da me, che non devo cascare mai nella convinzione che i mostri sono solo gli altri e che a noi non succederà mai. E lasciatemi dire che parte anche dalle fasce della popolazione più avanti con gli anni, quelle che hanno vissuto nelle asimmetrie del patriarcato e le hanno talmente interiorizzate da non rendersene neanche conto. 

Credo fermamente che sia una battaglia collettiva: scrolliamoci di dosso questo retaggio atavico che ci impedisce di andare avanti. Non solo faremo un salto enorme verso il futuro ma, soprattutto, salveremo vite. Ne vale la pena, no?

Grazie per l’attenzione». 

Lucia M.

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