C i risiamo. Alitalia è in crisi e lo spettro del fallimento è tutt'altro che impalpabile. Il Governo, in mancanza di acquirenti, è intervenuto ancora una volta con un prestito-ponte, ovvero con una generosa iniezione di denaro pubblico (400 milioni di euro) nelle asfittiche casse della nostra compagnia di bandiera. Il tutto rischiando una procedura di infrazione europea per aiuti di Stato.

Un'operazione che equivale a mettere la polvere sotto il tappeto. Il problema strutturale di una compagnia che perde 1,1 milione di euro al giorno resta. E l'orizzonte è oscuro. Il fallimento di Alitalia - come spiegato in queste due pagine - sarebbe un disastro per i viaggiatori sardi, alla mercé delle low cost che tutto hanno in testa tranne che di garantire il servizio pubblico e la continuità territoriale.

Alla base della crisi ci sono diversi motivi. Per prima cosa l'organizzazione generale della aerolinea porta a una spesa per la manutenzione del 40 per cento superiore alla media del settore, e del 20 per cento in più per i servizi a terra. L'elefantiaca espansione del personale ha spaventato i potenziali acquirenti, da Lufthansa a Delta. Troppo personale di terra (frutto del clientelismo romano, simile a quello napoletano-siciliano che ha affossato Tirrenia) perché una compagnia straniera sia interessata a rilevare Alitalia. Gli acquirenti vorrebbero tagli drastici (circa millecinquecento esuberi) ma nessun Governo avrà mai il coraggio di avallare un'operazione del genere.

Su Alitalia pesa poi un errore strategico. La compagnia di bandiera agli albori degli anni 60 era all'avanguardia. È stata la prima aerolinea europea a introdurre gli aerei a getto (volgarmente definiti a reazione) ed era leader nei collegamenti con il nord America, la tratta più remunerativa. Poi il passo indietro. Alitalia ha concentrato i suoi sforzi sulle rotte a corto e medio raggio ma, adesso, si trova in concorrenza con le aggressive low cost e con i treni ad alta velocità. Oggi cambiare questa strategia e puntare sul lungo raggio (dove Ryanair non è ancora presente) non è semplice. Bisognerebbe investire in aerei più grandi e acquistare costosi “slot” e, soprattutto, uscire dalla gabbia dell'alleanza che Alitalia ha sottoscritto anni fa con Air France-Klm e che ora limita le sue possibilità di espandersi, se anche avesse i soldi per farlo. Tempi duri per il trasporto aereo italiano.

IVAN PAONE
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