Domenica pomeriggio, al "Barbera", Palermo-Cagliari non sarà una gara come le altre.

E non solo perché i rosanero la considerano l'ultima delle ultime spiaggia. Domenica pomeriggio Diego Lopez vedrà i colori a cui ha legato la sua carriera di calciatore, quelli con cui ha fatto partire la sua avventura da allenatore.

Ma soprattutto i colori che ha legato di più al suo cuore. Per la prima volta da avversario.

LA MIA SECONDA PELLE - In un calcio dove tutto viene filtrato, dove se fai gol alla tua ex squadra non esulti "per rispetto dei miei ex tifosi", mentre dentro te la ridi. In un calcio di plastica c'è lui, Diego Lopez da Montevideo.

I capelli lasciati ingrigire, quasi a voler segnare definitivamente il passaggio dal campo alla panchina. Ma i suoi veri colori restano quelli rossoblù e il Jefe, il Capo, lo ha voluto ricordare con una foto su Instagram e due righe, in punta di dito, a pochi giorni dal faccia a faccia col Cagliari. Senza voler lasciare spazi al dubbio: "L'ultima maglia che, dopo dodici anni di battaglia, mi è rimasta attaccata al corpo #forzacasteddu".

Quella maglia numero 6, i colori rossoblù e la fascia da capitano. Perché Lopez paura non ne ha. E il Cagliari sarà un rivale cui pensare durante gli allenamenti e da battere in quei novanta minuti, stando seduto sulla panchina del Palermo. Poi, però, tornerà la squadra delle sue 314 partite. Molte con quella maglia numero 6 che nessuno ha più avuto il coraggio di indossare.

UNA VITA DA CAPITANO - La sua storia inizia nell'estate del 1998, lo sbarco a Cagliari insieme a Nelson Abeijon. Nel primo anno, il campo lo videro poco o nulla. Ma due così, uomini scolpiti nella voglia di lottare e vincere, non potevano non imporsi e diventare pezzi di storia.

Per Diego dodici stagioni, fino alla fascia da capitano, leader indiscusso e indiscutibile. E dopo aver appeso le scarpette al chiodo, ancora il Cagliari, ma da allenatore.

Prima con gli Allievi e poi la chiamata alla guida della prima squadra, in coppia con Ivo Pulga, questione di patentino ancora mancante, nella stagione 2013-2014, al posto dell'esonerato Ficcadenti.

Buona la prima, perché col Jefe in panca il Cagliari conquista una salvezza in carrozza. L'anno dopo, ancora in panchina, stavolta col patentino, chiusa con l'esonero dopo un 1-3 al Sant'Elia con la Roma e per una formazione negata a Cellino, ormai con la testa al Leeds.

NEMICI MAI - Da un rossoblù all'altro, dal Cagliari al Bologna, stagione interrotta dei playoff in B. Diego aspetta la chiamata giusta e intanto non si nega le partite al Carioca, torneo amatoriale di Cagliari.

Perché qui è la sua vita, questa è la città dove vive con la sua famiglia. Lo scorso 26 gennaio squilla il telefono, Nicola Salerno lo chiama a Palermo: "Diego, c'è un'impresa impossibile. Vieni". Senza punti di domanda, perché gli amici non hanno bisogno di chiedere.

Lopez parte bene, un pari a Napoli e la vittoria col Crotone. Poi un punto in sei gare e la salvezza a -7. Ma domenica arriva il Cagliari. Per la prima volta lo vedrà da avversario. Saranno solo 90 minuti. Poi Diego Lopez rimetterà quei colori sulla pelle. Gli unici della sua vita. Per sempre.

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