Venticinque anni di carriera e una serie interminabile di successi, con cui ha immortalato lo spaccato di vita di una generazione intera, ma per Max Pezzali la voglia di raccontare e raccontarsi in musica, sempre con il "Volume a 11", è ancora una necessità.

Così in "Le canzoni alla radio", il disco uscito venerdì con sette inediti, trenta canzoni storiche, comprese quelle dell'era 883, e il remake di "Tutto quello che ho", vecchio e nuovo si incontrano.

Partito con l'idea di uscire con un disco che raccontasse nuove storie con canzoni nuove, Max Pezzali ha capito in corso d'opera che questo nuovo progetto doveva muoversi sul filo sottile che collega lavori mitici come "Hanno ucciso l'Uomo Ragno", "Nord Sud Ovest Est" e "La donna il sogno & il grande incubo" a quelli da solista, da "Il mondo insieme a te" all'ultimo "Astronave Max": "Le canzoni alla radio", che poi è anche il titolo del nuovo singolo, realizzato in collaborazione con Nile Rodgers.

"Strada facendo mi sono reso conto che il fil rouge di tutto quello che ho fatto in questi venticinque anni è stato proprio la fascinazione per la radio, che è stata fondamentale per la mia formazione. Grazie alla radio io, musicofilo un po' nerd, che si appassiona di generi musicali di nicchia e underground attraverso negozi di dischi di importazione rari, feci il grande salto verso il pop, prima da ascoltatore e poi da cantante e musicista. È la radio l'elemento che ha condizionato di più la mia idea di scrittura e di creazione", spiega Max.

Più che un'autocelebrazione, quindi, questo disco è un omaggio e un ringraziamento al mezzo che gli spalancò le orecchie a un mare di musica, in cui avrebbe sguazzato come un pesce negli anni a venire. Un po' come nei panni di Indiana Jones vestiti nel video di "Duri da battere", il singolo di lancio del progetto e dell'avventura live, al via da gennaio, insieme a Francesco Renga (James Bond) e Nek (l'Ethan Hunt di "Mission Impossible"), trio che, a quanto emerso fin'ora, potrebbe anche passare come ospite da Sanremo. Girata tra Comacchio e il lago di Bolsena per la regia degli amici e collaboratori di una vita, i Manetti Bros., reduci dal successo di "Ammore e Malavita" alla Mostra del Cinema di Venezia, la clip offre un'interessante chiave di lettura alla raccolta, una sorta di operazione di paleontologia musicale, ma soprattutto umana.

"È una cosa incredibile - commenta il cantautore pavese, ma nella musica di oggi tra il 2013 e il 2017 cominciano a essere passate due ere geologiche. Raccontare adesso il mondo dei ragazzi, facendo riferimento agli oggetti e alle cose che fanno, è difficilissimo, perché corri il rischio che fra tre anni quegli oggetti siano già spariti. Ho fatto un esame di tutto quello che ho scritto e un pezzo come 'Rotta per casa di Dio', oggi non avrebbe più senso con il navigatore e le chat. L'importante, però, è che una canzone abbia avuto un senso nel momento in cui la scrivevi e abbia un senso per chi quelle cose lì le ha vissute".

Poi, però, anche in questo "Secolo giovane" ci sono cose che non cambiano mai, come "Quello che comunemente noi chiamiamo amore", da cantare a squarcia gola con "Eccoti", "Come mai" o "Una canzone d'amore".

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