Un "cervellone" capace di leggere 200 milioni di pagine di testo in 3 secondi e, attraverso la comparazione con i dati presenti in un vastissimo database, arrivare ad una rapida diagnosi: stiamo parlando di Watson Health, le cui competenze oncologiche sono state sviluppate al Memorial Sloan Kettering Cancer Center di New York, e cha apre la strada ad un nuovo, rivoluzionario, paradigma per la medicina.

È lo studio scientifico pubblicato da GTND (G Tec Nefrol Dial) con a capo Antonio Barraca (specialista in Nefrologia e Urologia ed esperto di applicazioni per medici), con alcuni colleghi cagliaritani: Stefano Ledda, Gianmaria Mancosu, Walter Melis, Maria Rosa Rinaldi, Patrizia Francesca Patricelli.

RAPIDITA' ED EFFICACIA DEL CERVELLONE - Watson usa lo stesso ragionamento probabilistico che il medico adotta per arrivare ad una diagnosi ed è capace di apprendere dalle evidenze scientifiche. Se gli vengono esposti i sintomi di un paziente, seleziona quelli più significativi, ne analizza la storia clinica, esamina linee guida e database e formula ipotesi per fornire terapie. Può anche suggerire gli esami necessari per affinare la diagnosi. In sostanza, Watson Health scava nelle banche dati alla ricerca di modelli per mettere insieme storie cliniche simili, confrontando esami di laboratorio e dati clinici. Tutto questo lavoro fornisce ai medici previsioni e suggerimenti che li aiuta a prendere le decisioni più appropriate.

Di recente ne è anche stata analizzata la perizia in campo oncologico, e i risultati sono sorprendenti: 638 cartelle cliniche di pazienti con cancro al seno hanno avuto in 40 secondi una diagnosi, che nell’80% dei casi era in accordo con quelle formulate dagli oncologi.

MALATTIE RARE - Un approccio, dunque, alla diagnosi clinica, che appare come una vera e propria rivoluzione: per sveltire le procedure, aumentare le probabilità di cura e guarigione, ridurre le spese per indagini diagnostiche sempre più mirate. E che, si pensa – e si spera - nell'arco di qualche manciata di anni diventerà la norma. Non certo in sostituzione del lavoro dei medici, ma come valido supporto a diagnosi sempre più precise e centrate: si pensi, ad esempio, ai vantaggi di una pratica di questo tipo nella ricerca ed identificazione delle cosiddette malattie rare, che spesso richiedono anni e anni – magari cruciali nell'ottica di una maggior efficacia delle cure – per essere identificate.

IL CASO ISRAELIANO - Un'azienda tecnologica israeliana, la Zebra Medical Vision, sta già sperimentando con grande successo un approccio di questo tipo nell'ambito della diagnostica per immagini: da tempo ha infatti messo a punto un software che mette a confronto le immagini del paziente con l’immenso "big data" che ha accumulato. In pochi minuti la macchina garantisce il reperimento di un'immagine uguale a quella del paziente, a cui corrisponde una diagnosi certificata. Un po' come avviene quando la polizia inserisce nel proprio database le impronte digitali di uno sconosciuto, che vengono confrontate fino a trovarne una alla quale corrisponde una persona.

NUOVO PARADIGMA - Un'autentica rivoluzione, dunque, che prefigura nuovi scenari che non devono tuttavia intimorire i pazienti, e tantomeno il personale sanitario: perché questi computer elaborano diagnosi straordinariamente precise, ma difficilmente riescono a cogliere il tratto umano, carico di ansie e paure, che dietro ogni diagnosi si cela, e che solo un medico in carne e ossa sa cogliere e curare al meglio, nel raggiungimento di quella “alleanza terapeutica” che diverrà, in futuro come mai prima d’ora, così fondamentale.

(Lo studio "La medicina fra intelligenza artificiale e necessità di un nuovo Umanesimo" è stato pubblicato il 19 luglio 2017)
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