"I 20 club della Premier League hanno preso una decisione collettiva per sostenere la campagna del no al referendum".

Lo ha detto alcuni giorni fa il presidente esecutivo della Premier League Richard Scudamore. "Non si può semplicemente uscire, si deve entrare nel merito delle cose, cercare di organizzarsi e far valere la propria influenza. L'opposizione alla Ue è incongrua nei confronti dell'impegno sportivo di "apertura" rappresentato della Premier League" ha spiegato Scudamore.

Ci sono molte ragioni per cui Scudamore e i club avevano interesse a non uscire dall'Ue.

Una delle principali è che 400 giocatori, il 33% del totale compresi quelli scozzesi e delle serie minori, non sarebbero più in regola. In Gran Bretagna i club migliori si prendono i ragazzini migliori ma con la Brexit non potranno più farlo.

Il regolamento Fifa consente infatti i trasferimenti soltanto all’interno dello spazio economico europeo, al quale aderiscono anche Paesi non membri della Ue (Norvegia, Svizzera, Islanda e Liechtenstein).

Fra le conseguenze più preoccupanti c’è anche un deprezzamento del valore commerciale della Premier: con meno campioni le tv non pagherebbero gli stessi prezzi di oggi.

In ballo ci sono molti miliardi di euro: 7 per l'esattezza.

Nel calcio inglese pltre la metà delle 20 squadre della massima serie è in mani straniere operano magnati di tutto il mondo compresi quelli thailandesi (Leicester), arabi (Manchester City) americani (Manchester United).

Con l’uscita dall’Unione europea per i club inizierà una rivoluzione perché se è vero che le leggi comunitarie consentono il libero spostamento dei lavoratori all’interno degli Stati membri, big come Martial, Payet, Kanté, oggi tesserati come comunitari, non lo saranno più e molti avrebbero bisogno di un permesso di lavoro.

Perché siano in regola è necessario che si approvino nuove regole sulla libera circolazione dei lavoratori. Altrimenti questi giocatori sarebbero molto appetibili sul mercato da parte di club spagnoli, francesi, tedeschi e italiani.

Poi c'è il problema legato alla svalutazione della sterlina, soprattutto nei confronti del dollaro più che dell'euro. Ciò significa che per i club di Premier League sarà più difficile ingaggiare giocatori, perché il prezzo per le società d'oltremanica sarà più alto. Il prezzo di Pogba, quindi, potrebbe per esempio crescere da 120 milioni a 160 milioni: un aumento da 40 milioni. Un aumento solo per i club del Regno Unito. Stesso discorso per gli ingaggi di giocatori del vecchio continente, se discussi in euro piuttosto che in sterline. Allo stesso modo, potrebbe risultare più economico per i club europie andare ad acquistare giocatori dalla Premier League.
© Riproduzione riservata