Una sassarese entra in un bar e ordina un caffè: ma ha un accento marcatamente meneghino, perché è a Milano che ha lavorato e vissuto per vent'anni. E per quell'accento stava per finire suo malgrado in un guaio.

La vicenda, va specificato, è avvenuta negli ultimi giorni in cui in Italia i bar erano ancora aperti dalle 6 alle 18, prima del decreto che ne determinasse la chiusura h24.

La protagonista è una professionista nel campo del marketing, che si è trasferita a Milano alla fine delle superiori, e che qualche anno fa è rientrata nella sua città, Sassari.

Portando con sé un accento difficilmente cancellabile e che l'ha marchiata come una lettera scarlatta, nei giorni in cui era aperta la "caccia all'untore": quelle "e" molto chiuse (o molto aperte) la descrivevano come una persona appena arrivata nell'Isola dalle zone rosse. Mentre lei, nell'Isola, era già da anni.

Nonostante ciò l'accento, ha raccontato lei stessa all'Ansa, non è passato inosservato: "Quando ancora si poteva, sono andata al bar per un caffè. Ligia alle regole già vigenti, mi sono tenuta a distanza dal bancone e per ordinare ho dovuto parlare a voce alta".

A quel punto si è sentita osservata da tutti gli avventori del bar: una donna in particolare "mi guardava in cagnesco e stava per agguantare il telefonino per fotografarmi e chiamare le forze dell'ordine".

A quel punto ha dovuto spiegare: "Signora, sono sarda, di Sassari, vivo di nuovo qui da cinque anni, ne ho trascorso più di venti a Milano e non ci vado da un po'. Ho faticato per convincerla, mi ha detto che mi stava per denunciare, convinta che fossi venuta qui per l'emergenza sanitaria".

Ai tempi della paura del coronavirus, succede anche questo.

(Unioneonline/D)
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