I fondali della Sardegna? Molto meno inquinati di quanto si pensi.

Secondo uno studio condotto dal dottor Andrea Alvito dell'Università di Cagliari e recentemente pubblicato sulla prestigiosa rivista scientifica internazionale "Waste Management", la concentrazione di rifiuti solidi attorno alle coste della Sardegna è di gran lunga inferiore rispetto ad altre aree del Mar Mediterraneo analizzate con gli stessi criteri.

Un primo piano del dottor Alvito
Un primo piano del dottor Alvito
Un primo piano del dottor Alvito

Lo studio, durato tre anni, ha in particolare indagato la presenza e distribuzione dei rifiuti presenti a profondità che vanno dai 35 agli 800 metri nei fondali che circondano l'Isola.

I campionamenti hanno permesso anche una catalogazione dei materiali raccolti, che per oltre il 60% sono composti da plastica. Un dato, dunque, che se da un certo punto di vista conferma la "bontà" delle acque sarde, dall'altro racconta come ancora molto debba essere fatto sia in tema di bonifica sia in tema di educazione ambientale.

"I materiali raccolti – spiega a L'Unione Sarda Andrea Alvito – sono per lo più bottiglie, buste, posate e piatti di plastica, rifiuti che impiegano millenni ad essere smaltiti. A questi si aggiungono poi molti attrezzi da pesca, magari gettati in acqua quando il logoramente li rende inutilizzabili. Questo spiega quanto possa essere importante un atteggiamento di maggiore attenzione da parte di tutti verso il nostro mare".

Un campione dei rifiuti identificati
Un campione dei rifiuti identificati
Un campione dei rifiuti identificati

I rifiuti, in sostanza, sono quelli che quotidianamente finiscono in mare, per errore o perché volontariamente gettati. E seppur la concentrazione lungo le coste sia sostanzialmente omogenea, i maggiori quantitativi sono riscontrabili sui fondali in prossimità delle zone più urbanizzate. Con un'eccezione.

"Un dato che si discosta dalla media – specifica il biologo marino – è quello che abbiamo riscontrato a sud ovest della Sardegna, nella zona di Sant'Antioco e di Carloforte: lì il quantitativo di rifiuti individuati sale di molto, e questo a causa di un particolare gioco di correnti che fanno confluire nell'area i rifiuti più leggeri".

La mappa con la distribuzione dei rifiuti attorno all'Isola
La mappa con la distribuzione dei rifiuti attorno all'Isola
La mappa con la distribuzione dei rifiuti attorno all'Isola

Lo studio è stato realizzato grazie ai fondi europei destinati a fornire un quadro dello stato di salute dei fondali marini. L'iniziativa rientra nell'ambito della direttiva comunitaria "Marine Strategy Framework Directive (CE)", che ha poi l'obiettivo ultimo di portare ad una incentivazione delle operazioni di educazione ambientale e bonifica.

Tale importante risvolto, fra l'altro, in Italia incontra serie difficoltà anche per via della normativa vigente. E che, ad esempio, impone ai pescatori di sostenere una spesa per lo smaltimento dei rifiuti che trovano in acqua.

"In occasione dello studio – spiega Alvito – abbiamo intervistato un gruppo di sedici imbarcazioni di pesca commerciale del porto di Cagliari, e da tutte abbiamo avuto la conferma che nessuno, al momento, si occupa di consegnare, per l'opportuno smaltimento, i rifiuti recuperati, e questo per via delle spese da sostenere che andrebbero ad incidere in maniera significativa sui bilanci delle attività. All'estero questo tipo di imposte non sono addossate ai pescatori, e il risultato è che molti rifiuti vengono recuperati e portati sulla terraferma".

Andrea Alvito, cagliaritano di 30 anni, è laureato in Biologia Marina all'Università del capoluogo. Lo studio sui fondali si è originato a partire dalla tesi del suo dottorato di ricerca, sviluppata nel gruppo guidato dal professor Angelo Cau.

Virginia Lodi

(Unioneonline)
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