Se vi attirano domande del tipo "l'intelligenza umana è l’unica intelligenza dell’universo?" e amate interrogarvi sulle origini dell’uomo. Se volete un libro che sappia unire scienza, filosofia, narrativa, arte e anche qualche eco musicale – con particolare riferimento ai Pink Floyd – allora Vorrei che tu fossi qui di Sergej Roic (Mimesis edizioni, 2017, Euro 30,00, pp. 390) è quello che fa per voi.

Vi troverete, infatti, di fronte a un romanzo-saggio originale, anche spiazzante in certi momenti in cui lo scrittore di origini croate-jugoslave conduce il lettore in un continuo andirivieni nel tempo e nella memoria fino ai tempi remotissimi della preistoria, ricostruendo il filo conduttore che lega pensiero umano e sviluppo dell’universo dall’alba dei tempi fino ai giorni nostri.

Alla base di tutto una riflessione non banale sul principio antropico, una corrente di pensiero nata negli anni Settanta del Novecento che implica come la coscienza e il mondo che ci circonda non sia il risultato casuale di un’evoluzione della materia come vorrebbe la scienza positivista, ma il punto di arrivo di una storia cosmica che tendeva proprio verso questo fine.

L’universo, per i sostenitori del principio antropico, si è andato costituendo nel modo in cui attualmente lo conosciamo proprio perché ciò ha permesso il sorgere della coscienza. Anzi, per alcuni, l’universo è la semplice testimonianza di un processo evolutivo che oggi trova la sua massima espressione proprio nell’essere umano o in qualsiasi altra forma di vita cosciente ed intenzionale che eventualmente esista nell'universo.

Chiediamo all’autore, Sergej Roić:

Come si arriva a trattare temi come questi in un romanzo?

"L’idea di scrivere Vorrei che tu fossi qui mi è venuta improvvisamente ascoltando per caso, in attesa di un treno, la canzone dei Pink Floyd “Wish you were here”. E vorrei che tu fossi qui, con me, come essere umano che condivide, è il leit motiv del romanzo. Immagino che la canzone sia stata suonata per la prima volta dall’artista della tribù degli uomini 35.000 anni fa su un flauto d’osso, per poi essere ricordata dal leader dei Pink Floyd Syd Barrett grazie appunto alla memoria collettiva condivisa. È la melodia del cammino, il ritmo del viaggio. La ricerca di un linguaggio e di un destino comune è poi il “motore” che spinge i vari personaggi di epoche diverse a chiedersi: chi è davvero l’uomo, che cosa lo anima e caratterizza, quale sarà la sua sorte in quanto essere naturale che ragiona e dà conto della natura stessa?"

Perché la scelta di alternare testo e immagini?

"Ho cominciato ad alternare testo e immagini già nel mio romanzo precedente, Omaggio a Paul Klee. In futuro mi piacerebbe poter aggiungere anche dei brani musicali al testo, vedremo se sarà possibile. Intanto, in questo mio romanzo, le immagini simboleggiano, interpretano, rimandano, intercalano le parole del libro. Dato che un romanzo viene “immaginato” dal lettore a partire da ciò che lui stesso “vede” nella sua mente, ho messo a disposizione alcune immagini che, mentre lo scrivevo, avevo visto io. Si tratta di una mappa mentale, di un insieme di associazioni di idee".

Quale messaggio ti piacerebbe il lettore raccogliesse, portasse con sé, arrivato alla fine del libro?

"L’uomo è indubbiamente quell’essere naturale che dà conto della natura stessa e raccoglie informazioni su di essa. Il principio antropico suggerisce che si può ragionare anche in questo modo: forse a un certo punto dell’evoluzione dell’universo è necessario che nasca e si affermi una mente in grado di comprenderlo e darne conto, forse l’universo stesso “esige” una tale comprensione di se stesso. Noi, allora, potremmo essere lo strumento di questa autoconsapevolezza, che crea senso, dà un senso all’universo. Forse la sempre maggiore complessità di un cervello naturale (il nostro) richiede risposte di senso e non solo meccaniciste alla natura che lo circonda e di cui è espressione. Detto in modo platonico – il filosofo Platone è uno dei grandi protagonisti del romanzo – Dio crea il mondo attraverso il pensiero dell’uomo".

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