"Per decenni a Taranto nessuno ha visto niente e troppi hanno taciuto. Io no. Per decenni gli inquinatori hanno comprato il silenzio e il consenso politico, sociale e dei media. Con regali, finanziamenti, forniture, subappalti e favori. Io no. I miei collaboratori no. Infatti non siamo accusati di corruzione. Siamo accusati di essere stati compiacenti, a titolo gratuito, nei confronti del grande siderurgico". Così il presidente della Regione Puglia, Nichi Vendola, commenta la notizia della richiesta di rinvio a giudizio formulata nei suoi confronti e di altre 49 persone e tre società nell'ambito dell'inchiesta sul disastro ambientale che sarebbe stato causato dall'Ilva di Taranto. "Accusati in un processo in cui tutti i dati del disastro ambientale - sottolinea Vendola - sono il frutto del nostro lavoro e della ostinata volontà della mia Amministrazione di radiografare e documentare l'inquinamento industriale nel capoluogo ionico. Noi, insieme alle agenzie della Regione Puglia, abbiamo fornito le prove che hanno scoperchiato la realtà". "Noi per la prima volta nelle istituzioni - continua il governatore - abbiamo aperto i dossier su diossina e altri veleni, e lo abbiamo fatto anche sulla spinta di un movimento nato dalla ribellione al destino di morte della città. Noi abbiamo cercato le evidenze scientifiche sul male sputato dall'Ilva, e abbiamo varato leggi e regolamenti che sono oggi all'avanguardia della legislazione ambientale".
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