''Mamma, sono viva! C'è il terremoto, la casa crolla. È un inferno''. Il telefono suona alle quattro meno un quarto al primo piano di via Borghetto, a Pirri. Sveglia da incubo per Rosalba Lecca. Dall'altra parte c'è sua figlia, Claudia Lobina, ventidue anni, studentessa universitaria all'Aquila. Lo sfogo tra le lacrime, il miracolo per la tragedia scampata: ''La città è distrutta, si sentono solo urla e sirene delle ambulanze''. Cade la linea, a casa Lobina è panico. ''Per ore non siamo più riusciti a sentire Claudia. Impossibile richiamare'', racconta la madre con un filo di voce ''Ho acceso la tivù, mi sono resa conto di quello che stava succedendo in Abruzzo. Mi sentivo impazzire''. Poco prima delle otto il nuovo contatto: ''Mamma, sto bene. Sono fuori di casa, ma sto bene''.

GLI STUDI Claudia Lobina abita all'Aquila da tre anni. Frequenta la facoltà di Scienze dell'investigazione e della criminologia. È una dei quasi mille sardi che gravitano attorno al capoluogo abruzzese (in tutta la regione sono duemiladuecento tra prima e seconda generazione). La morte a pochi passi, il peggiore dei film davanti agli occhi. ''È proprio così, sembra un film. Qualcosa di così grande che non si può descrivere''. Alle otto di sera la ragazza è chiusa in macchina, sotto la pioggia che si accanisce sulle macerie. Parla al telefono, il tono è calmo ma il cuore batte forte: ''La casa dello studente dove vivo è chiusa, la casa del mio fidanzato dove mi trovavo durante la scossa è distrutta''.

NELLA NOTTE Per Claudia la notte più folle d'Abruzzo si materializza poco prima di andare a dormire: ''Gli assestamenti degli ultimi giorni mi tenevano in ansia. Sono cagliaritana, da noi la terra non si muove neanche con le bombe''. Alle undici e mezza c'è uno scossone: ''Un segnale che mi ha impaurito, una brutta sensazione''. La studentessa è a Gignano, tre chilometri dal centro dell'Aquila. «Sono andata a dormire dal mio ragazzo, di solito sto nella casa dello studente in centro». Ma non in quella devastata di via Venti settembre. ''Sto in via Strinella, nell'antico palazzo dei gesuiti. La casa non è stata rasa al suolo ma è pericolante, non si può più entrare''. La studentessa cagliaritana ha abitato nel centro universitario più colpito sino a pochi mesi fa: ''Mi sono trasferita casualmente, ma tantissime volte torno lì. Conosco tutti''. La voce si rompe: ''Ho passato tutto il giorno per avere notizie dei miei amici. Due sono morti. Non riesco a crederci''. Alle tre e mezza Claudia è a Gignano con gli occhi sbarrati: ''Troppa tensione, ero già sveglia. Alle 3 e 32 esatte è arrivato il colpo di grazia. Ho urlato come una pazza, non sapevo cosa fare. Poi col mio fidanzato ci siamo precipitati per strada. Dalla casa stavano cadendo i calcinacci, si sono aperte le crepe sui muri''.

LA DISTRUZIONE Fuori macerie e devastazione: ''Con gli abitanti della zona abbiamo acceso un fuoco per difenderci dal freddo''. Alle prime luci dell'alba la voglia di capire e di provare a rientrare almeno in via Strinella: ''Mi sono mossa a piedi tra le strade dell'Aquila. Non auguro a nessuno di vedere quello che ho visto''. Fiumi di lacrime: ''Ho pianto a lungo, ma non riesco ancora a capire le mie sensazioni. Sono una sopravvissuta? Una miracolata? Una spettatrice?''. Senza un tetto, senza vestiti. Ma Claudia si fa forza: ''Per fortuna ho i miei occhiali. E la macchina del mio ragazzo per passare la notte''.

Giulio Zasso
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