Carlo Calenda si è iscritto al Pd quando le ceneri della disfatta elettorale erano ancora calde, e tanti hanno pensato: sta uscendo allo scoperto, ora vuole guidare il partito, qualcuno addirittura ha ipotizzato un ruolo da candidato premier al prossimo giro. Niente di più sbagliato: "Il Pd va sciolto", ripete adesso che ha la tessera in tasca, "e si devono utilizzare le parti migliori per un progetto più ampio".

Romano, quarantacinque anni, figlio di un economista-scrittore e di una regista (Cristina Comencini), quattro figli, nella sua prima vita è stato un manager. Ferrari, Sky, Confindustria. Nella seconda si è buttato in politica: in principio con l'associazione Italia Futura dell'amico Montezemolo, poi con Scelta civica e infine, dopo l'esperienza di governo, l'approdo sulle sponde dem. Sul suo profilo Facebook l'immagine di copertina è una foto di gruppo con operai e sindacalisti dell'ex Alcoa (ora Sider Alloys), al fianco del governatore Pigliaru. Non è una coincidenza: "Quello è un modello che va replicato in tutta Italia".

Si riferisce alla partecipazione azionaria del 5% divisa tra i dipendenti?

"Nel caso dell'Alcoa è un riconoscimento al lavoro straordinario fatto dagli operai. Come nel caso di Eurallumina, hanno impedito che questi poli industriali sparissero dalla carta geografica. Sono convinto che il sistema vada riproposto: i dipendenti, così, sono più coinvolti nella gestione. È da estendere non solo alle industrie che vanno male, ma anche a quelle che vanno bene".

L'Eurallumina è ancora ferma.

"Tutta la fase degli investimenti è chiusa. La fabbrica, per quanto riguarda la parte ministeriale, è pronta per ripartire".

Le previsioni parlavano di una nuova messa in moto a gennaio 2019.

"Mancano solo alcuni aspetti che riguardano l'amministrazione locale. In Eurallumina ci sono imprenditori molto seri, gli operai hanno fatto una grande battaglia. Pensate: noi importiamo alluminio. Chiudere le fabbriche sarebbe una follia".

Il futuro dell'Isola può essere ancora nell'industria pesante?

"Non può essere la vocazione unica, nel mondo contemporaneo non esiste più un modello simile. Il turismo nel caso della Sardegna, unito al terziario avanzato e al commercio fanno parte del mix produttivo ottimale di una regione. Ma all'industria non si può rinunciare".

Trovare investitori per ripartire è difficile perché quasi tutti i siti sono da bonificare. Una tassa d'ingresso milionaria.

"Nel caso di Eurallumina è stato raggiunto un accordo, insieme a Glencore, per la bonifica della falda. Non sono ammesse deroghe: gli investimenti ambientali sono parte dell'efficienza della fabbrica. Non siamo più nel Novecento".

Il governo è scettico sul metanodotto nell'Isola.

"Credono che il gas sia come il carbone: è una visione da incompetenti e ignoranti. La Sardegna va metanizzata in modo intelligente. È la grande energia di transizione, fino a che la tecnologia non permetterà di stoccare l'elettricità prodotta con le rinnovabili. Non capire questo e fare una battaglia, come con la Tav, a tubi di 90 centimetri che passano sotto terra, è una semplice follia".

Air Italy, nata dalle ceneri di Meridiana col vostro aiuto, trasferisce i dipendenti a Malpensa.

"Sono cose che vanno gestite. Ci sono diverse categorie di lavoratori: alcune si possono muovere con facilità, incentivandole e tenendo conto della differenza del costo della vita. Poi c'è chi ha famiglia ed è più difficile da spostare. Si può fare tutto tenendo conto dell'età e delle particolarità dei singoli lavoratori".

Alitalia: si parla ancora di nazionalizzazione.

"Noi abbiamo già speso otto miliardi. Ma in Italia dimentichiamo tutto. Alitalia non è più una compagnia di bandiera. È piccola, ha difficoltà a stare sul mercato, le ha pure Lufthansa che è molto più grande. Quella dei tedeschi era un'offerta seria".

La compagnia ora garantisce, nel bene e nel male, la continuità sarda. Non si rischia di vendere all'estero un'azienda strategica per lo Stato?

"È una questione che si risolve con gli incentivi. La cosa importante per i sardi è avere i servizi e i collegamenti. Per le tratte non remunerative si fa come si è sempre fatto, con i bandi e il sostegno pubblico: si spende molto meno che nazionalizzando l'Alitalia".

Capitolo Pd. Lei ha chiesto un nuovo congresso.

"Penso che si debba decidere in fretta, ora non stiamo facendo un'opposizione sufficientemente forte. Ho proposto una segreteria costituente per contrastare quello che secondo me sarà un autunno difficile per il Paese, con un grandissimo rischio di default finanziario".

Siamo già di fronte al baratro? Eppure fino a poco fa c'eravate voi al governo.

"Ma Lega e M5S hanno ricominciato a parlare di uscite dall'Euro, mini Bot, manovre fatte in deficit. E chi ci compra il debito, cioè i signori che gestiscono le pensioni, che so?, dei norvegesi, dicono che questo significa default immediato. E dunque non prendono più i nostri titoli".

Salvini e Di Maio hanno qualcosa in comune con Renzi?

"No, sono molti diversi. Salvini e Di Maio sono pericolosi perché sono incompetenti. Il primo non va oltre le dirette Facebook, ha respinto due navi da 300 persone quando noi avevamo già ridotto gli sbarchi dell'80%".

Però guadagna consensi.

"Perché ha fatto l'opposto di quello che abbiamo fatto noi. Il nostro governo ha gestito il fenomeno senza accorgersi della paura della gente. Lui ha alimentato la paura e gestito quanto ereditato da noi. I timori dei cittadini, e in questo momento ce ne sono tanti, vanno sempre riconosciuti. Noi non lo abbiamo fatto".

E Di Maio?

"Il decreto Dignità è disastroso. Porterà una perdita di 80mila posti di lavoro, dichiarati da loro".

Quando è che il Pd ha perso il contatto con l'elettorato?

"Abbiamo dato l'idea di considerare risolti i problemi che il Paese ancora aveva. E questa si chiama arroganza. Avevamo fatto solo progressi, un primo passo per recuperare le perdite della crisi. Invece abbiamo detto che l'Italia andava bene e chi non lo capiva era un gufo".

Su Facebook scrive che la segreteria Pd è fatta di «anime morte».

"Il futuro non è il Partito democratico, ma un movimento più ampio, che il Pd deve contribuire a costruire".

Un ritorno all'Ulivo?

"No. Penso a una cosa nuova, che levi di mezzo alcuni pezzi della sinistra che si sono comportati poco seriamente, come una parte di Liberi e uguali. Qui bisogna rifondare, raccontare l'associazionismo e il mondo dei sindacati. Si può mettere insieme un soggetto ampio, io lo chiamo fronte repubblicano, che non si deve esaurire in una semplice alleanza".

In Sardegna c'è chi guarda a un Pd federato.

"Non ci credo alle federazioni. Va creato un grande fronte progressista, non federare cose che già ci sono. Solo così si possono superare le divisioni, a tutti i livelli".

Eppure sull'Autonomia e sul sovranismo si è giocata la campagna elettorale, non solo nell'Isola.

"Va bene l'Autonomismo. Ma come in Germania ci deve essere una clausola di supremazia nazionale".

Quanto dura la legislatura?

"Poco, molto poco. Secondo me andremo a votare entro l'anno".

Michele Ruffi
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