"Se fossi presidente, non farei pressioni sulla Turchia o su altri alleati autoritari affinché interrompano le purghe interne o la repressione dei diritti civili".

Questa la dichiarazione forte (molto forte) di Donald Trump, candidato repubblicano alla Casa Bianca alle presidenziali Usa del prossimo autunno.

Il magnate, reduce dell'investitura di Cleveland, ha concesso un'intervista al New York Times, dispensando risposte in materia di politica internazionale che già stanno facendo discutere.

"Non abbiamo il diritto di dare lezioni a nessuno" e "prima dobbiamo risolvere i nostri problemi interni, poi possiamo tentare di occuparci di ciò che accade nelle altre nazioni", gli enunciati generali del miliardario che aspira alla poltrona più alta di Washington.

Un principio di "non ingerenza" che, oltre al giro di vite attuato dal governo di Ankara dopo il tentato golpe dei giorni scorsi, il miliardario avrebbe intenzione di applicare, per ipotesi, anche nei rapporti con gli altri Paesi dell'orbita Nato, in particolare per quanto riguarda le "garanzie di sicurezza".

"Se la Russia decidesse di attaccare i Paesi baltici", l'esempio di Trump, "un nostro intervento non deve essere automatico", solo perché lo dicono gli accordi dell'Alleanza. Al contrario, chiarisce Trump, "dobbiamo intervenire solo dopo aver valutato se i Paesi minacciati hanno sempre adempiuto ai loro obblighi nei confronti degli Stati Uniti".

Insomma, se dovesse arrivare alla presidenza, Trump intende mettere fine a quella che chiama "l'era della generosità americana", in quanto, sostiene, "non è più conveniente".

LA REPLICA DELLA NATO - "La solidarietà tra gli alleati è un valore fondamentale per la Nato", la replica puntuale del segretario generale dell'Alleanza, Jens Stoltenberg. Che ha aggiunto: "Non voglio intromettermi nella campagna elettorale americana, ma quello che posso fare è sottolineare ciò che conta per la Nato. La solidarietà è buona per la sicurezza dell'Europa e per quella degli Usa. Ci difendiamo gli uni con gli altri".

LO SCHIAFFO DI CRUZ - Tiene banco, nel frattempo, lo "schiaffo" di Ted Cruz, ex rivale di Trump alle primarie del Grand Old Party, che nel suo intervento alla convention di Cleveland ha negato il suo appoggio ufficiale al magnate.

"Votate secondo coscienza", ha suggerito alla platea repubblicana.

Un mancato endorsement accolto da fischi e dure critiche da parte del popolo conservatore.

"Non ho l'abitudine di sostenere le persone che attaccano mia moglie e mio padre", ha poi spiegato Cruz, facendo riferimento ai ripetuti strali lanciati dal magnate contro il rivale, i suoi famigliari e la sua consorte nel corso della campagna elettorale.
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