Aveva sempre bisogno di soldi Igor Diana. E' quanto emerso dall'interrogatorio del ventottenne che la settimana scorsa ha ucciso i genitori a bastonate finendoli poi con un coltello, prima il padre poi la madre.

Non aveva un lavoro ed aveva continui comportamenti violenti nei confronti dei genitori, anche se non è mai arrivato alle mani.

Per questo gli avevano suggerito di farsi visitare da uno psichiatra.

Giuseppe Diana e Luciana Cirgiolu la notte si rinchiudevano in camera da letto per non rischiare che entrasse a rubare soldi.

Sono alcuni degli elementi che emergono dall'ordinanza di convalida dell'arresto del ventottenne reo confesso dell'omicidio emessa dal Gip Giovanni Massidda, che definisce Diana "un soggetto sanguinario, non affatto in grado di dominare i propri impulsi e sottostare a delle prescrizioni".

Chiedeva soldi a tutti, anche agli amici.

Due giorni prima del duplice omicidio ha cercato disperatamente denaro contattando amici sui social network.

Tra questi, un ballerino brasiliano ed ha chattato con lui venerdì 6 maggio.

A raccontarlo è Ronaldo Antonio Dossantos, talentuoso ballerino brasiliano che, dopo aver vissuto tanti anni a Cagliari, si è trasferito a Novara. «Avevo conosciuto Igor perché i genitori erano amici di una mia connazionale».

Qualche rapporto sporadico negli anni cagliaritani di Dossantos: lui proponeva i suoi spettacoli nelle discoteche cittadine, Diana frequentava gli stessi ambienti. «Mi chiamava spesso per inserirlo nelle liste per entrare gratuitamente».

Non una vera e propria amicizia. Tanto che quell'approccio su Messenger, la chat di Facebook, arrivato a tanti anni di distanza, aveva stupito il ballerino brasiliano.

«Ciao Roni, come stai?», il messaggio inviato il sei maggio scorso alle 12,31 dopo anni di silenzio. «Non capivo cosa volesse e mi sono limitato a rispondergli in maniera formale». Ma Diana va subito al dunque. «A me va così così. Sono un po' in difficoltà», risponde alle 12,36. Dossantos prende tempo. E risponde una decina di minuti più tardi. Diana non lo fa aspettare. «Ascolta Roni, mi puoi aiutare per favore, sono molto in difficoltà. Mi puoi anticipare dei soldi: te li rendo con lo stipendio di giugno». E gli spiega che, il mese successivo, comincerà a lavorare al Timi Ama. Dossantos tergiversa: non può dare quei soldi e gli dice che non è in Sardegna. Diana torna all'attacco: «Me li puoi far avere con Postepay o con Western Union». E, nonostante l'ulteriore diniego del ballerino, insiste: «Sono in difficoltà allucinante, mi basterebbero anche cinquanta euro».

Non l'unico tentativo, sembra, di recuperare denaro entro domenica. Diana avrebbe chiesto a tantissime persone di avere soldi non oltre quel giorno. Un debito da onorare con qualche spacciatore? Impossibile rispondere. L'unica certezza è che quei tentativi si rivelano infruttuosi. Poi, due giorni dopo, la strage. Saranno gli inquirenti a stabilire che cosa è accaduto in quei minuti: forse esplode l'ennesima lite tra il giovane e i suoi genitori adottivi.

L'unica certezza è che, nella notte tra domenica e lunedì, il padre Giuseppe Diana e la madre Luciana Corgiolu vengono barbaramente assassinati. Difficile anche ricostruire i successivi movimenti di Diana: dopo aver dormito a casa e aver trascorso un po' di tempo in un bar della zona, fugge. Nessuno lo cerca, dal momento che i corpi dei genitori vengono scoperti soltanto mercoledì. Il giovane, dopo aver incontrato un amico, sarebbe andato in via Premuda a Cagliari non prima di aver prelevato in due diversi bancomat novecento euro. E poi sarebbe stato visto nella pineta di Sinnai, dove avrebbe cercato di acquistare cento euro di marijuana, e nella spiaggia del Poetto a Cagliari. Si parla anche di un avvistamento a Teulada. Ma è probabile anche che si sia preoccupato di recuperare un nuovo telefono cellulare. Proprio con il “nuovo” smartphone avrebbe contattato nuovamente Dossantos. «Ho ricevuto una telefonata da un numero anonimo», racconta, «quando ho risposto ho riconosciuto subito la sua voce e ho chiuso immediatamente». Anche perché, nel frattempo, i corpi dei genitori del giovane vengono scoperti.

«Non volevo parlare per tante ragioni», riprende il ballerino, «a cominciare dal fatto che quell'episodio ha cominciato a creare parecchi problemi anche a me: mi hanno cercato alcuni amici per segnalarmi che, nel servizio del telegiornale di un'emittente nazionale, era comparsa una foto di Igor insieme a me. Ed è apparsa proprio mentre scorreva la scritta “si cerca il presunto omicida”.

Quel servizio è stato visto anche in Brasile: parenti e amici, non conoscendo l'italiano, hanno temuto che il ricercato fossi io. Ho dovuto fare parecchie telefonate per rassicurarli». Non solo. «Dopo quel servizio si sono interrotte le trattative per una serie di spettacoli che avrei dovuto portare in giro per tutta l'estate con la mia compagnia. Io e altre dodici persone ci siamo ritrovati senza lavoro».

Diana non riesce più a contattare l'amico brasiliano. Forse - ma questo è difficile da stabilire - chiama anche altri amici e conoscenti. Nel frattempo le forze dell'ordine sono impegnate in una gigantesca caccia all'uomo: la fuga del giovane è destinata a finire. Quel pickup grigio del padre, un Ford Ranger con il quale si muove nei giorni della sua latitanza, viene individuato giovedì pomeriggio dagli elicotteri dei carabinieri nella strada tra Nuxis e Siliqua: a segnalarne la presenza, un parente di Giuseppe Diana. Il cerchio si chiude intorno al fuggitivo con una certa cautela: prima di fuggire dalla villetta di Settimo San Pietro, Diana ha portato via la pistola del genitore. Circondato, il giovane tenta la fuga a piedi e prova a esplodere qualche colpo ma l'arma si inceppa. Viene ferito leggermente, catturato e portato al Cto, uno degli ospedali di Iglesias, per essere medicato. Venerdì, la drammatica confessione. «Sì, ho ucciso io mio padre e mia madre ma non so perché. Forse ho avuto un raptus». E la certezza di un futuro dietro le sbarre. «So che cosa vuol dire stare in carecere, ci sono stato per dieci anni», ha detto al pm rievocando la sua infanzia trascorsa in un orfanatrofio russo prima di essere adottato, insieme al fratello più giovane, da quei due genitori che, 18 anni più tardi, ha ucciso.
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