La guerra del futuro è quella che si sta combattendo in Ucraina. Satelliti e fango, hacker e migliaia di morti. Un conflitto del tutto inedito e convenzionale allo stesso tempo. Caratterizzato da una parola chiave: usura. Di uomini, mezzi, materiali. E da milioni di profughi che mai torneranno a casa. Le genti cambiano la geografie, le guerre le alleanze. La sfida è provare a immaginare le conseguenze. A questo servono gli analisti.

Pietro Batacchi è attualmente Direttore di Rid, Rivista italiana difesa, la principale rivista del settore in Italia. Da anni è collaboratore dell’Irad (Istituto di Ricerche e Analisi della Difesa) e di numerose riviste specializzate e non italiane ed estere, nonché commentatore di radio e Tv nazionali e internazionali e consulente su questioni di politica di difesa e sicurezza. Abbiamo chiesto a Batacchi di dare una lettura della crisi Ucraina, sulle caratteristiche del conflitto e le possibili evoluzioni.

L’utilizzo dei droni su vasta scala cambierà le sorti del conflitto?

«Direi che il drone è una costante di questo conflitto. Sono stati un fattore determinante, così come l’artiglieria e questo è in linea con i più recenti conflitti, dal Nagorno Karabahk alla Siria o alla Libia».

Soldati ucraini in prima linea
Soldati ucraini in prima linea
Soldati ucraini in prima linea

Un conflitto combattuto tra satelliti e trincee

«Questa guerra combina elementi innovativi come attacchi hacker, impiego di satelliti, utilizzo di sistemi di osservazione e quant’altro a elementi tradizionali, come la trincea, che si sta riscoprendo importante per condizionare i movimenti sul terreno. Condizionati dal fango, determinante. E poi c’è il fattore quantità. Questo è un conflitto che macina risorse umane e materiali, munizionamento e scorte a ritmo impressionante. Usura i mezzi. Ad esempio, gli obici Pzh2000 da 155 millimetri forniti all’Ucraina da noi e la Germania. Una parte di essi ha dovuto essere revisionata perché le canne si surriscaldavano».

Quali saranno le conseguenze del conflitto sull’Alleanza Atlantica?

«Una prima conseguenza l’abbiamo già avuta. L’alleanza si è allargata con l’ingresso di un nuovo paese, la Finlandia, a cui si aggiungerà la Svezia. Abbiamo anche visto che di fronte alla sfida delle Russia alcuni dissidi sulle sponde dell’Atlantico sono stati ricomposti. Poi ci sono altre due conseguenze. paesi come l’Italia saranno ancor più dipendenti dalla Nato in termini di sicurezza e la Nato stessa dipendente dagli Stati Uniti, che hanno sfruttato la guerra per aumentare forniture e rinsaldare rapporti».

A chi conviene che questa guerra continui a durare a lungo e davvero Erdogan è l’unico mediatore credibile?

«Io non credo che questa guerra possa convenire a qualcuno. Per cui credo nei prossimi una qualche forma di esito si potrebbe intravvedere. Perché le guerra costano. A chi le fa e a chi non le fa».

La Cina si è stancata della guerra di Putin?

«Da una parte potrebbe essersi stancata, dall'altra c’è un altro aspetto, che non possono fare a meno della Russi e viceversa. La Cina è circondata da avversari e paesi che sono alleati e partner degli Usa. L’unico sfogo è rappresentato dalla Russia. E poi c’è la questione delle forniture energetiche e commerciali. La Cina ha tutto l'interesse che la Russia non perda questa guerra. Ci potrebbero essere delle conseguenze di stabilità visti i confini e l’impatto che questo potrebbe avere sull’Asia Centrale».

Pietro Batacchi (foto concessa)
Pietro Batacchi (foto concessa)
Pietro Batacchi (foto concessa)

Corrisponde al vero che l’Italia abbia mandato vecchie armi a Zelensky?

«Direi di no. Abbiamo dato all’Ucraina mezzi all’avanguardia, come i semoventi Pzh3000, il sistema terra aria contraerei Sump/ T. In sostanza è una lettura sbagliata della questione».

Un popolo di poeti e navigatori. Ma siamo in grado di difenderci?

«Siamo un paese strategicamente non completamente maturo, che non ha la contezza del proprio interesse nazionale e su quali siano gli strumenti strategicamente idonei per tutelare questo interesse».

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