Oltre seicento milioni di bottiglie vendute e 2,4 miliardi di euro di fatturato annui. Numeri impressionanti per il re incontrastato delle bollicine italiane: il Prosecco. Il vino simbolo del nordest italiano, famoso per animare gli aperitivi in tutto il mondo come ingrediente portante dello “Spritz”, negli ultimi anni ha registrato un boom senza precedenti cavalcando il successo crescente dei vini frizzanti e conquistando fette di mercato sempre più ampie e ormai più della metà della produzione nazionale di bollicine. Un exploit tuttavia oggi in serio pericolo. Minacciato dai numerosi tentativi di plagio e dalla concorrenza italiana ed estera, ma anche dal rischio, paventato da molti addetti ai lavori, di aver cercato di sfruttare il gradimento internazionale sacrificando le tradizioni e la qualità del prodotto.

Tutti pazzi per le bolle

In realtà, cifre alla mano, la strategia di ottenere il massimo dal successo planetario del Prosecco, e più in generale dei vini spumanti, sta dando i suoi frutti. In dieci anni la produzione è infatti triplicata e l’export ha fatto un balzo di oltre il 10%, prima che si abbattesse l’uragano Covid.

Insomma, i presupposti per ripartire dopo la pandemia ci sono tutti, soprattutto guardando ai mercati asiatici, tanto popolati quanto digiuni di bollicine dal rapporto qualità prezzo ideale. Ecco perché i quasi 24mila ettari di vigneti sparsi tra Veneto e Friuli lavorano a pieno ritmo da anni per far fronte alla potenziale impennata di richieste (il 78% delle quali arriva proprio da oltre confine) e contrastare la concorrenza anche sleale di decine di cantine che spacciano in tutto il mondo i propri vini mettendo in bella vista il nome “Prosecco” pur non avendone diritto.

Minacce di plagio

La guerra contro plagi e imitazioni è spietata e potrebbe fare tante vittime se la risposta dei consorzi di tutela non sarà adeguata. L’ultimo siluro, per esempio, è arrivato dalla Moët & Chandon, casa storica dello Champagne dalla quale escono anche i pregiatissimi Dom Pérignon. L’azienda francese ha messo infatti sul mercato un mix accattivante di spumante e succo di frutta naturale con il dichiarato intento di intaccare il dominio degli aperitivi a base di Prosecco. Contemporaneamente ci si è messo pure il New York Times, che ha ospitato una ricetta alternativa per lo Spritz, sostituendo il Prosecco con il lambrusco. Senza parlare di Alibaba, il portale di e-commerce cinese, secondo solo ad Amazon, che propone in vendita bottiglie tarocche nonostante gli allarmi lanciati da Coldiretti.

Polemiche e novità

Sì, nonostante il successo internazionale, qualcosa scricchiola nell’universo del Prosecco. E i pericoli maggiori potrebbero arrivare da luoghi insospettabili. Le polemiche all’interno dei consorzi di tutela (sono tre quelli a rappresentare i produttori: Prosecco Doc, Prosecco di Conegliano Valdobbiadene Docg e Asolo Prosecco Docg) si sprecano e a infiammare gli animi ha contribuito pure il via libera alla vinificazione dei primi rosé. Scelta fatta ancora una volta per andare incontro alle richieste del mercato e contestata dai puristi che storcono il naso contro ogni operazione che sta lentamente trasformando l’immagine del Prosecco in quella di un prodotto di massa dalla scarsa qualità.

Ecco perché l’idea condivisa da tanti è che il Prosecco sia a un bivio. La costante ricerca di nuovi consumatori, rivelatasi di enorme successo nell’ultimo decennio, sta però toccando nuovi livelli che sembrano stravolgere l’identità di un vino apprezzato fin dall’epoca romana, ma che a conti fatti resta un prodotto dal costo bassissimo rispetto ai più apprezzati spumanti francesi e italiani. Un fattore non di poco conto che in un futuro non troppo lontano potrebbe renderlo vulnerabile alla concorrenza di vini stranieri, altrettanto convenienti dal punto di vista economico, ma senza la storia millenaria delle bottiglie nostrane. Tradizione che il pubblico potrebbe presto snobbare se nessuno la valorizzasse come successo con lo Champagne. Quest'ultimo indiscusso simbolo della viticoltura transalpina anche perché alla quantità ha quasi sempre preferito la qualità. Decisione lungimirante che infatti ha reso nel tempo le bollicine francesi inimitabili, insostituibili e dal futuro sempre più radioso. Un futuro che nelle campagne del Prosecco si sta invece mettendo a repentaglio.

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