Un’importante sentenza della Corte di Cassazione in materia di sequestro di persona è stata depositata il 24 maggio (la decisione risale all’8 febbraio scorso). Con questa decisione gli ermellini hanno messo i paletti agli elementi che configurano il reato, riguardo tempi e modi. Essendo un delitto di durata va da sé che se la libertà di movimento di una persona viene impedita per qualche attimo non si può parlare di sequestro che, invece, sussiste anche nell’ipotesi in cui la vittima in un primo momento abbia, per esempio, seguito fin dentro una macchina gli aggressori e solo successivamente si sia vista negare la libertà. Ed è contestabile, in alcune circostanze, anche se la parte offesa non è stata privata della libertà di movimento.

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In sostanza, affinché si concretizzi il reato non è sempre necessaria la privazione della libertà di movimento della vittima. Il sequestro sussiste anche quando viene limitata la libertà di azione di una persona, con l’intento di inibirne le relazioni interpersonali, sottraendola suo abituale contesto abitativo. Quindi, anche l’inganno o la minaccia se sono in grado di limitare la libertà di movimento per un arco di tempo apprezzabile possono integrare il reato di sequestro di persona.

La sentenza specifica che il reato sussiste quando viene limitata la libertà di locomozione. Però è bene sottolineare che a questo proposito i giudici romani valutano non necessario che la vittima sia fin dall’inizio contraria a seguire i suoi aggressori. Basta infatti che a un certo momento si determini un evidente conflitto tra la volontà della persona offesa e il comportamento di quanti gli stanno intorno e che questi, con la loro condotta e i loro comportamenti, di fatto impediscano alla vittima, con qualsiasi forma di violenza, anche passiva, di sottrarsi alla loro sfera di arbitrio che si traduce in sopraffazione. Questo conflitto deve perdurare per un certo tempo, non deve essere cioé un fatto istantaneo, dal momento che il sequestro di persona è un delitto di durata.

Se dunque la vittima ha accettato volontariamente di seguire in macchina chi di lì a poco si rivelerà un aggressore, potrà dirsi che si tratta di un sequestro di persona nel momento in cui, entrata in auto, sia bloccata e poi picchiata e minacciata in modo che non si allontani. In questo caso si può parlare di privazione della libertà personale.

La Corte di Cassazione nella stessa sentenza affronta pure il tema dell’assorbimento di un delitto in un altro. E cioè: non si verifica l’assorbimento del delitto di sequestro di persona in quello di lesioni volontarie quando la privazione della libertà personale abbia una durata apprezzabile. Questo significa che deve andare oltre la subitaneità e la fulmineità di un singolo atto, e deve avere uno sviluppo nel tempo, articolandosi in varie e distinte azioni durante le quali deve restare l’impossibilità della vittima di sottrarsi alla ripresa dell’azione lesiva.

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