Le luci sul rapporto tra generazioni e sulla catalogazione formale delle fasce anagrafiche si sono accese all’improvviso un paio d’anni fa, quando la deputata neozelandese venticinquenne Chloe Swarbrick ha liquidato un collega più anziano col bruciante: “Ok, boomer”. Chiaro riferimento all’età (mediamente avanzata) durante un dibattito sulle difficoltà delle vecchie generazioni di prendere atto dell’allarme sui cambiamenti climatici. Boomer o Baby boomer, figlio della grande crescita economica del (secondo) dopoguerra ma anche del tempo dell’exploit delle nascite. Il tema delle vedute differenti tra generazioni diverse trova spazio un po’ ovunque, esistono definizioni ufficiali per le varie categorie dei tempi in cui ci si affaccia al mondo. Generazione X, Millennials, Generazione Z, ora c’è persino il giovanissimo gruppo Alpha, che vivrà nel futuro e potrà anche ambire a vedere l’alba del ventiduesimo secolo.

Il tempo dei Baby boomer 

È ormai convenzionalmente indicato come boomer chi è nato tra il 1946 e il 1964, quindi ai tempi della ripartenza dopo la devastazione della guerra. Nei paesi occidentali, con l’età media sempre più alta, questa generazione rappresenta il gruppo demografico più rilevante, nonché quello abituato al maggior benessere: in Inghilterra si calcola che i boomer detengano l’ottanta per cento delle ricchezze del Paese. Hanno vissuto il Sessantotto ma sono cresciuti prevalentemente con profili tradizionali arrivati dal passato e fanno più fatica delle nuove generazioni a rapportarsi con i cambiamenti culturali, degli stili di vita, della globalizzazione. Dal punto di vista mediatico la definizione di Boomer è spesso associata al rapporto con le tecnologie moderne, soprattutto in tema di comunicazione e utilizzo dei social network. Negli stereotipi dei più giovani l’approccio dei 60-70enni al mondo digitale appare simpatico ma legato a schemi superati e nostalgici. 

La popolazione più vecchia

Nei Paesi anglosassoni esistono catalogazioni precise anche per i più anziani. Prima dei boomer ci sono i rappresentanti della Generazione silenziosa, nati tra il 1928 e il 1945: hanno attraversato e sopportato i totalitarismi, la grande depressione economica e soprattutto gli anni della Seconda guerra mondiale. Chi ha la fortuna di viaggiare verso i cent’anni appartiene invece alla Greatest generation, che ormai va a scomparire: la fascia anagrafica abbraccia il periodo tra il 1901 e il 1927, ci sono gli ultimi testimoni - almeno per nascita - della Grande guerra.

La Generazione X 

L’espressione nasce nel 1991 dal famoso romanzo Generazione X dello scrittore canadese Doug Coupland. Appartiene a questa fascia di età chi è nato tra il 1965 e il 1980: è uno degli assi portanti della popolazione, generazione a metà strada tra quella precedente, cresciuta nella totale sicurezza economica, e quella successiva, abituata d’istinto a vivere nel precariato. Di vedute più aperte se paragonata ai boomer, è stata la prima generazione a cercare strade diverse rispetto a quelle tracciate dai genitori: dall’istruzione alla carriera, sino ai consumi e ai percorsi culturali. È anche la generazione dei cartoni animati, dei telefilm, della tv a colori e quella commerciale, dei primi videogames e delle sale giochi, dei paninari e dell’adolescenza “edonistica” con pochi ideali, dei primi computer e dei primi oggetti portatili come walkman (prima) e telefonini (poi).

Fine secolo: i Millennials 

Sono i nati dal 1981 al 1994, la cosiddetta Generazione Y, termine comparso per la prima volta nel 1993 sulla rivista americana Ad Age per definire i dodicenni di allora. Qualcuno allarga la fascia sino ai nati nel Duemila. Di sicuro i Millennials indicano la generazione che precede il passaggio al Terzo millennio, anche se erroneamente si definiscono spesso i nati negli anni immediatamente successivi. È un gruppo anagrafico caratterizzato dal maggiore utilizzo della comunicazione, dei media e delle tecnologie digitali. Sono testimoni giovanissimi dello choc dell’11 Settembre, conoscono al Qaeda, l’Isis e la guerra dei mondi contrapposti, vivono la rivoluzione delle libertà di movimento. Si ampliano le vedute, cresce la cultura universitaria, migliora la capacità di rapportarsi col diverso e con le culture differenti. Si viaggia molto anche se con regole più stringenti, si fanno i conti con la globalizzazione e i cambiamenti climatici. I Millennials vivono in prima linea il tempo dell’iperconnessione, di YouTube, di Facebook, di Twitter. Sono anche i protagonisti della precarietà e dell’insicurezza: spesso hanno difficoltà a rompere il cordone familiare, affidandosi alla tranquillità di casa e alle certezze garantite da mamma e papà. 

Generazione Z: i nativi digitali

Poi ci sono i figli del passaggio di millennio, i nativi digitali, cresciuti da subito a pane e internet. La Generazione Z comprende chi è nato tra il 1995 e il 2010: giovani e giovanissimi, hanno un rapporto strettissimo con i social media e passano gran parte delle loro giornate affacciati sul mondo del web. Anche il rapporto con i genitori (della Generazione X) cammina sul filo dell’iperconnessione con un sistema digitale che ormai attraversa tutta la famiglia. Vengono chiamati anche esponenti della iGeneration, hanno più difficoltà a rapportarsi con la vita reale “offline”, trascorrono parecchie ore al giorno su Instagram o Tiktok. Ma gli “Zoomers” sono anche portatori di vedute aperte e naturali davanti a temi decisivi come la perfetta parità di genere, la libera identità sessuale, la convivenza coi migranti, il rispetto per l’ambiente, il riciclo dei rifiuti, la questione clima-inquinamento.

I più giovani e il futuro Alpha

Bambini e ancora inconsapevoli, hanno già un nome: Generazione Alpha, sono i nati dal 2011 in poi. Non hanno mai visto un mondo senza tecnologie web, possono accedere a qualsiasi informazione. Riescono a manovrare un tablet anche se non hanno ancora pronunciato la prima parola. Sanno che tutto è condivisibile, hanno la capacità innata di dialogare col mondo digitale e di apprendere qualunque forma di nozione. Sono anche costretti a fare i conti col mondo paralizzato dalla pandemia: vivono la privazione della libertà, la mancanza di socializzazione, le improvvise incertezze della vita familiare e il nuovo modo di fare scuola. Ma avranno anche la possibilità di buttarsi tutto alle spalle, con la disinvoltura data dalla giovinezza, appena l’incubo virus sarà finito. 


 

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