Il patologo tedesco Edwin Klebs, nel 1875, fu il primo a osservare batteri nelle vie aeree di persone morte a causa della polmonite. A distanza di quasi 150 anni, nel 2023 in Italia si sono registrati 630mila nuovi casi riconducibili a questa patologia, che ha causato oltre 8mila decessi soprattutto tra le persone più anziane.

Un altro dato estremamente preoccupante è che, nel 30% dei casi, i batteri che la provocano si rivelano resistenti agli antibiotici.

Le caratteristiche

A cavallo tra la fine dello scorso anno e l’inizio del 2024, sono aumentati in maniera significativa - quasi esponenziale - i numeri di soggetti che si sono ammalati di polmonite: batteri e virus attaccano il tessuto di quest’area, interessando sia gli alveoli (le piccole cavità in cui avvengono gli scambi di gas tra l’aria respirata e il sangue) sia il tessuto interstiziale che s’interpone tra essi.

Il passaggio dell’aria viene reso difficoltoso dall’accumulo di catarro e pus infetto - che tendono a solidificarsi -, presenti in uno dei due polmoni o in entrambi.

Come reazione all’infiammazione, i polmoni si riempiono di liquido: ecco allora che compaiono fiato corto e tosse, accompagnati da mal di testa, malessere generale e febbre. Questi sintomi sono anche riconducibili alla tradizionale influenza, ma la polmonite può provocare anche inappetenza o, viceversa, senso di nausea.

La fascia d’età tra gli zero e i due anni è la più colpita da polmoniti (e fino ai 5 anni anche da bronchioliti), le quali possono ripresentarsi anche tra gli over65; in questa situazione, lo stato di salute generale dell’organismo adulto ospite incide tantissimo sulla possibilità di contrarre la malattia, così come la presenza o meno di alcuni fattori di rischio come il fumo e l’insufficienza cardiaca.

Diagnosi e trattamento

Le diagnosi avvengono sulla base di radiografie toraciche e dell’auscultazione dei polmoni con lo stetoscopio. Inizialmente, il medico valuta la possibile presenza di polmonite con quest’ultimo strumento: produce infatti un rumore caratteristico, generato dal restringimento delle vie aeree o dalla presenza di liquido e cellule infiammatorie all’interno di regioni polmonari che solitamente sono occupate dall’aria. La conferma della diagnosi dopo l’auscultazione arriva con una radiografia o una tac toracica. Antibiotici e riposo sono fondamentali per ristabilirsi al meglio. Nei soggetti che richiedono il ricovero ospedaliero, i medici possono eseguire un esame sui campioni dell’espettorato, del sangue e delle urine, con l’obiettivo di identificare l’organismo responsabile della polmonite.

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Patologia eterogenea. I più fragili gli over 65

L’infezione avviene per inalazione, aspirazione oppure nei luoghi di promiscuità. Tosse e dispnea i campanelli d’allarme, il trattamento varia in base alla tipologia

Ci sono diverse classificazioni di polmonite, che tengono conto soprattutto di dove si trovano le persone al momento in cui hanno contratto il virus o il batterio responsabile della malattia. O, ancora, quale tipo di azione stavano compiendo.

Le diverse tipologie

La polmonite acquisita in comunità racconta appunto di un’infezione che si sviluppa in ambienti non ospedalieri ma promiscui come le scuole, i campus universitari, i dormitori e le caserme. Per questo motivo, colpisce soprattutto i soggetti sani al di sotto dei 40 anni d’età, che risultano così gli ospiti migliori per la Chlamydophila pneumoniae e il Mycoplasma pneumoniae. Anche il batterio Legionella provoca la polmonite (nell’1-8% dei casi di tutta la casistica): le epidemie, come evidenzia il ministero della Salute, “si sviluppano soprattutto nelle strutture alberghiere e ospedaliere” poiché il microrganismo si diffonde attraverso i condizionatori d’aria e i sistemi di fornitura d’acqua come le docce.

La polmonite acquisita in ospedale insorge invece dopo circa un paio di giorni (ma a volte anche qualcuno in più) dal ricovero. Tra i fattori di rischio: la degenza per una patologia cardiaca, renale o respiratoria; un precedente trattamento antibiotico; l’età superiore ai 70 anni; un recente intervento chirurgico addominale o toracico; una debilitazione che causa un abbassamento delle difese immunitarie. Quando colpisce pazienti sottoposti a ventilazione meccanica o affetti da demenza senile (quindi non presenti a se stessi), risulta più difficile da riconoscere rispetto a quella acquisita in comunità in quanto i soggetti non sono in grado di descrivere i sintomi. Ci sono però due campanelli d’allarme: l’innalzamento della temperatura corporea e l’aumento della frequenza cardiaca.

Come alleviare il dolore

Quando secrezioni orali (come la saliva) o materiale gastrico (come il vomito) vengono sistematicamente inspirati anziché eliminati, si scatena la polmonite da aspirazione. I soggetti più esposti sono quelli anziani, debilitati, con problemi di deglutizione (come può accadere ai malati di ictus), intossicati da uso di sostanze stupefacenti, in stato d’incoscienza a causa per esempio di un’anestesia, chi è stato sottoposto a interventi ai denti, respiratori o digestivi. La polmonite da aspirazione è differente da quella chimica, causata dall’inalazione di sostanze irritanti o, appunto, chimiche. 
Tuttavia, spesso queste due tipologie di polmonite si presentano associate tra loro e con sintomi identici: tosse e respiro affannoso. Per pronunciare una corretta diagnosi, è fondamentale risalire al tipo di sostanza aspirata o inalata. Questo elemento è dirimente anche per individuare il trattamento migliore e più efficace. Quest’ultimo, nel caso della polmonite da aspirazione, comprende anche alcuni accorgimenti che riducono il rischio di aspirazione. Ne sono un esempio il dormire con la testiera del letto inclinata (per evitare la posizione totalmente supina), mangiare cibi solidi e non liquidi e imparare - con l’ausilio di uno specialista in patologie del linguaggio - tecniche funzionali a una corretta deglutizione. Infine, troviamo anche la polmonite ostruttiva causata da un accumulo di batteri (per esempio in pazienti affetti da tumore ai polmoni).

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Covid: prassi ancora utili. Azioni e vaccini per proteggersi

Ogni anno, in Italia si contano 630 mila nuovi casi di polmonite pneumococcica tra gli anziani e oltre 8 mila decessi. Questi ultimi dati - allarmanti - sono stati diffusi da Italia Longeva, l’Associazione per l’invecchiamento e la longevità attiva, attraverso un Consensus Paper presentato al Ministero della salute. La quale evidenzia l’importanza di una campagna vaccinale per contrastare questo genere di infezione con risvolti a volte letali, anche in considerazione del fatto che il 30% dei batteri che la provocano si dimostrano resistenti alla cura antibiotica. Oltre ai vaccini, ci sono altre forme di prevenzione che durante il periodo della pandemia sono state ribadite con forza. Per esempio, coprirsi naso e bocca con un fazzoletto di carta monouso quando si tossisce o starnutisce, per poi buttarlo e lavarsi le mani (o, se si è fuori casa, utilizzare il gel disinfettante). Meglio coprirsi naso e bocca anche quando si è in luoghi chiusi e molto affollati, come i mezzi di trasporto pubblici o sedi di attività ricreative (cinema, teatri, sale da ballo) che possono essere ricettacolo di batteri e dunque veicolo di infezione. Una regola che vale sia per gli adulti sia per i bambini, i quali specie durante l’inverno vivono - tra scuola, palestra e piscina - molte ore al chiuso. Per questo, i pediatri consigliano comunque di far loro trascorrere delle ore all’aperto anche durante l’inverno, purché adeguatamente (ma non troppo) coperti. Infine, il fumo facilita le infezioni dell’apparato respiratorio mentre l’uso eccessivo e prolungato di alcool indebolisce la capacità del sistema immunitario; l’astensione da queste sostanze rappresenta una misura sicura per proteggersi.

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