Lo scrive in una lettera pubblicata dalla Stampa il presidente del Consiglio Enrico Letta, rispondendo ad Antonio Cascio che, nella rubrica di Gramellini intitolata ieri 'Brutta ciaò, aveva raccontato la storia di un amico costretto ad 'emigrarè e descritto l'Italia come "un Paese moribondo, senza speranza, senza futuro". "A loro - dice Letta - devo prima di tutto delle scuse. Le scuse a nome di una politica che per anni ha fatto finta di non capire e che, con parole, azioni e omissioni, ha consentito questa dissipazione di passione, sacrifici, competenze". "Io - scrive il premier - non ho mai creduto ai salvatori della Patria e alle scorciatoie. Credo nella comunità. E credo che solo insieme possiamo ritrovare il senso alto e nobile del servizio al Paese". E il governo, sottolinea, ce la sta "mettendo tutta" e "già nei prossimi Consigli dei ministri porteremo un pacchetto di provvedimenti per depurare il mercato del lavoro da incrostazioni e iniquità, rendere più conveniente l'assunzione stabile dei giovani, sostenere l'Italia che fa e che innova, portare i ragazzi italiani ad avere un livello di istruzione e mobilità sociale più vicino a quelli dei coetanei europei, liberare le energie di un Paese soffocato da burocrazia, privilegi, conservazione". Ma "ci muoviamo in un pertugio stretto" e "possiamo farcela, ma solo se non ci lasciamo condizionare dall'ossessione del consenso immediato, dalla consultazione compulsiva delle dichiarazioni, da quella corrida permanente – tra partiti e dentro i partiti – che tanto ha contribuito alla paralisi nella quale siamo precipitati e da cui ci ha sollevati solamente l'intervento del presidente Napolitano". E "solo se il nostro primo, irrinunciabile, obiettivo sarà simbolicamente mettere l'amico di Antonio nelle condizioni di scegliere se andare o restare".
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