Il premier di Edimburgo, Alex Salmond, capofila del fronte del Sì, aveva puntato tutto su questa occasione. "Accettiamo la vittoria del no", ha detto stamattina Salmond parlando a Edimburgo, quando ormai non ci sono più dubbi: "Riconosciamo la scelta democratica degli scozzesi". Dopo aver ringraziato la Scozia per quel milione e seicentomila voti che ha fatto sopravvivere il sogno, ha però annunciato le sue dimissioni.

Per gli indipendentisti, la prima doccia fredda era giunta a seggi appena chiusi: un sondaggio YouGov che, pur su un campione limitato, dava il No chiaramente in testa al 54% e il Sì in affanno, al 46%. Con una distanza di poco ma più definita rispetto ai sondaggi che per giorni si erano trincerati dietro il 'too close to call'. E il direttore dell'istituto di rilevamenti che scandiva, sicuro, "al 99% vincerà il No". Coraggioso secondo alcuni, un azzardo per altri. Tutti cauti, anche dopo i primi risultati, con i No delle contee più piccole e di quelle più prevedibili. Per la prima affermazione del Sì si è dovuto aspettare Dundee, la "Yes City". Ma che la corsa era stata frenata lo ha dimostrato Aberdeen, la prima grande città con un "bottino" di voti per il No. "Verso la salvezza dell'Unione", hanno cominciato a mormorare a quel punto gli unionisti, perché se il Sì di Glasgow era scontato, la voglia di indipendenza così evidente per le strade tappezzate di bandiere, nel segreto dell'urna ha subito alla fine una battuta d'arresto: deve avere accusato il colpo delle incognite che il sogno, forse troppo grande, portava con sé. Finché - dopo il largo successo di No (60%) fatto segnare da Edimburgo, la capitale - a fare i conti è arrivata la Bbc: calcolando il superamento della soglia matematica dei No con cui la Scozia ha respinto l'indipendenza. La percentuale risulta pari al 55% contro un 45% di Sì, sullo sfondo di un'affluenza record dell'84%. Un risultato che scatena subito il sollievo sui mercati, con la sterlina spinta subito al suo massimo dal 2012.
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