Pari opportunità, abbattimento degli stereotipi di genere e rispetto della diversità. Sono gli obiettivi di progetti didattici destinati ai bambini noti ai più come «corsi gender». In tante città d'Italia le scuole che hanno proposto iniziative formative così inquadrate sono finite al centro di contestazioni da parte di chi sostiene l'idea della famiglia «tradizionale». Sono anche stati predisposti prontuari per mettere in guardia i genitori rispetto ad attività che distorcerebbero la percezione della visione maschio-femmina e tratterebbero tematiche inopportune come l'omosessualità.

La polemica nei giorni scorsi si è riaccesa anche a Cagliari. A scatenarla un corso di animazione alla lettura che - finanziato dal Comune - è destinato ai bimbi delle Elementari. Si chiama "Ci PiacCiamo!". Organizzato dall'associazione Menabò, vincitrice del bando, si svolge per lo più nelle biblioteche di quartiere. In due casi le attività sono state ospitate nelle scuole. Nell'istituto «Randaccio» di via Venezia le lezioni sono state sospese. Continuano invece nella primaria «Nanni Loy» di via Schiavazzi, oltre che nelle biblioteche. La crociata più rumorosa è quella che sui social network è stata sollevata dalle «Sentinelle in piedi - Cagliari». Sulla rivista «Notizie provita.it» è stata anche lanciata una petizione on line.

Fuori dalla piazza virtuale un ruolo di coordinamento è svolto dall'Associazione famiglie numerose. Il sodalizio già lo scorso anno intervenne per bloccare i corsi voluti dalla Commissione pari opportunità e affidati all'associazione Agape. «La nostra non vuole essere una sterile opposizione - dice Eugenio Lao, coordinatore regionale dell'associazione - vogliamo solo che venga rispettato il diritto dei genitori di educare i figli alla prospettiva di una famiglia fondata sulla procreazione. Riteniamo inoltre che argomenti così sensibili non possano essere trattati nelle scuole senza che siano presentati nell'offerta formativa e condivisi». «Molti di questi progetti - sottolinea Lao - sono definiti sperimentali . I bambini non sono cavie».

La prospettiva con cui si guarda all'iniziativa non è condivisa dall'associazione che si è aggiudicata il bando. «Rifiutiamo la definizione di corsi gender», dice Giulia Balzano, presidente di Menabò. «Non si tratta di progetti sull'orientamento sessuale e ci spaventa che ci si accosti alla proposta formativa con questa superficialità, strumentalizzandone i contenuti. Attraverso la lettura di libri facciamo un lavoro sull'emotività. Cerchiamo di far comprendere per esempio ai bambini che anche i maschietti - al di là di stereotipi educativi - hanno il diritto di esprimere paura senza sentirsi giudicati. Nelle biblioteche stiamo lavorando sul testo che racconta la storia di una bimba cinese di fine '800 che riesce a laurearsi. Vogliamo far capire come l'idea maschio-femmina differenzia ma anche, talvolta, limita e far capire il concetto di pari opportunità. Ci spiace che nessuno ci abbia chiesto chiarimenti che avremmo volentieri dato».

Rassicurazioni alle famiglie arrivano dal dirigente delle Scuole primarie di via Venezia e Schiavazzi. «Negli incontri non si trattano questioni legate all'identità di genere o alla sessualità», garantisce Giovanni Mazziotti. «Da pedagogista ho a cuore la formazione dei bambini e me ne faccio garante con le famiglie. Si tratta di attività che stimolano l'amore per la lettura, il rispetto e la tolleranza. Siamo ben consapevoli del ruolo primario dei genitori dal punto di vista educativo e non avrei mai autorizzato progetti capaci di violare questo principio».

Convinta della validità dell'iniziativa anche l'assessore comunale alla Cultura Enrica Puggioni: «Nelle biblioteche di quartiere il progetto è graditissimo. Vuole insegnare consapevolezza di sé e dell'altro in una società che relega sempre di più alla solitudine e alla mancanza di relazione».

Manuela Arca

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