La Corte di Cassazione ha depositato le motivazioni della sentenza con la quale Raniero Busco è stato prosciolto dall'accusa di aver ucciso la sua fidanzata Simonetta Cesaroni, delitto avvenuto a Roma il 7 agosto 1990 in via Poma. Per i giudici non ci sono prove in grado di inchiodarlo. I punti oscuri rimasti, infatti, non sarebbero stati spiegati e non sono secondari: "Si pensi - scrive la Corte - al rinvenimento dell'agenda di Pietro Vanacore (il portiere dello stabile, ndr) fra gli effetti personali della vittima repertati sul luogo del delitto"; quindi il verdetto di proscioglimento di Busco pronunciato dalla Corte d'assise d'appello di Roma il 27 aprile 2012 rispondeva alle regole della "congruità e completezza della motivazione" ed è dotato di "manifesta logicità". In particolare, continuano i giudici, "si dimostra la insostenibilità", in assenza della prova di un morso sul seno di Simonetta, "della sua attribuzione a Busco e dell'origine salivare del Dna presente sui capi di vestiario repertati".
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