Per il bocciolo perfetto servono almeno cinque o sei ore di sole diretto e temperature tra i 19 e i 25 gradi, dicono le bibbie online per i coltivatori di marijuana. Le condizioni ideali si trovano facilmente nell'Isola e le prime ad accorgersene sono state le organizzazioni criminali, come dimostrano le statistiche del 2017 diffuse dai carabinieri: in un anno sono stati sequestrati 820 chili di "erba" già pronta alla vendita, 68 piantagioni e circa 25mila piante.

L'ultima generazione di coltivatori diretti fuorilegge ha stretti legami con mafia, camorra e 'ndrangheta. Non a caso il comandante regionale dei carabinieri Giovanni Truglio, nella giornata di celebrazioni per l'anniversario della fondazione dell'Arma, ha voluto accendere i riflettori su un fenomeno in crescita: "Il traffico e lo spaccio di stupefacenti è diffuso, ci sono reti e organizzazioni che se ne occupano", ha spiegato il generale, prima di aprire il capitolo della marijuana: "La Sardegna si distingue per la coltivazione della canapa indiana", diventata ormai "una peculiarità della criminalità sarda".

Insomma: non più banditi, rapinatori o assaltatori di camion portavalori, ma produttori di droga per il mercato locale e non solo.

È innegabile che il business delle piantagioni attiri sempre di più. I sequestri di coltivazioni, a volte distribuite su diversi ettari di terreno, sono all'ordine del giorno. Qualche mese fa nelle campagne di Olbia i carabinieri hanno scoperto una distesa di 5mila piante, cresciuta a un impianto di irrigazione composto da otto chilometri di tubi.

"Ci sono tanti fattori che possono spiegare il boom di coltivazioni di marijuana. Da un lato c'è la crescente domanda, che viene dal contesto sociale, dall'altro si deve considerare la percezione illusoria di una bassa probabilità di essere identificati e puniti", chiarisce la criminologa.

Non sono questi gli unici fattori che spingono verso il mondo della droga: "Anche sotto il profilo dell'esecuzione della pena, le maglie oggi sono larghe e permettono una detenzione ai domiciliari e un costante ricorso a misure alternative al carcere. Considerati tutti questi elementi, nei casi in cui gli individui abbiano poca attitudine al rispetto delle regole, è facile che", conclude Cristina Cabras, "con un minimo capitale economico e criminale, possano decidere di entrare nel mondo della coltivazione e spaccio di marijuana".

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