Da poche ore Gina Haspel è stata promossa a numero uno della Cia, diventando così la prima donna nella storia a capo della principale agenzia di spionaggio del governo federale degli Stati Uniti, e già fioccano le critiche sulla sua nomina.

Nonostante sia dal mese di febbraio la vice di Mike Pompeo, scelto da Donald Trump come segretario di Stato dopo il licenziamento di Rex Tillerson, gli americani la conoscono ben poco (si fa persino fatica a trovare una sua fotografia). Pompeo, infatti, ha sempre mantenuto un profilo pubblico, intrattenendo i rapporti con la stampa, mentre lei ha continuato a operare nei misteriosi uffici del quartier generale.

Sessant'anni, di lei si sa che è una veterana della Central Intelligence Agency, dove è entrata nel 1985 e dove ha servito per trentatrè anni come agente sotto copertura oltreoceano.

È considerata un personaggio controverso per il suo ruolo di primo piano nei capitoli più oscuri dell'operato della Cia, ossia le torture sui detenuti. All'epoca della presidenza di George Bush figlio, ha diretto uno dei primi "black site" aperti dagli Usa, un compound in Thailandia dal nome in codice "Cat's Eye", all'interno del quale i sospetti terroristi di Al Qaeda, Abu Zubaida e Abd al-Rahim al-Nashiri, furono sottoposti a waterboarding ed altre pratiche di tortura.

La Haspel era inoltre capo dello staff di Jose Rodriguez, alla guida del Centro antiterrorismo, quando

questi ordinò poi la distruzione di centinaia di video girati nel centro di detenzione in Thailandia dove, a quando pare, si mostravano i detenuti sull'orlo del collasso fisico.

Fu lei, ha scritto Rodriguez nelle sue memorie, a impartire l'ordine della distruzione di quelle registrazioni. Il Dipartimento della Giustizia ha indagato per anni sui presunti abusi di quel programma, ma nessuna accusa è stata mai formalizzata.

Ai tempi della nomina a vicepresidente della Cia, si levarono le voci contrarie delle associazioni per i diritti umani, e non solo: due senatori democratici della commissione intelligence, Ron Wyden e Martin Heinrich, parlarono di una persona "non adatta all'incarico".

Oggi Jameel Jaffer, direttore di una Ong americana, l'ha definita "una criminale di guerra".

(Unioneonline/D)

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