Per guadagnarsi la fiducia di Lale Sokolov la scrittrice Heather Morris ha impiegato tre anni, prendendo nota di ogni minimo ricordo e dettaglio raccontato da quel testimone d'eccezione dell'inferno di Auschwitz, entrato come prigioniero semplice e diventato per caso tatuatore delle migliaia di vittime del micidiale lager nazista.

Una storia, quella di Lale Sokolov, che è diventata la trama del libro "Il tatuatore di Auschwitz" - in uscita per Garzanti il prossimo febbraio -, nuovo tassello della narrazione sull'Olocausto, visto però da una prospettiva nuova e particolare: quella dell'uomo che per salvarsi la vita fu costretto a "marchiare" come bestie i propri compagni di sventura.

Ludwig Eisenberg, questo il suo vero nome, era nato in Slovacchia da genitori ebrei nel 1916 ed era stato imprigionato nel campo di sterminio polacco nella primavera del '42 all'epoca in cui gli uomini abili al lavoro venivano impiegati nei lavori di ampliamento della struttura. Presto si era ammalato di tifo e durante la convalescenza era entrato in contatto con uno dei tatuatori di Auschwitz, che prendendolo sotto la propria ala gli aveva trasmesso "il mestiere".

Un mestiere terribile che ha permesso a Lale Sokolov di salvarsi usufruendo di un trattamento speciale da parte delle SS, ma che a fine guerra gli è costato l'accusa di collaborazionismo.

Questione di sopravvivenza, secondo Lale, che sceglierà poi di tener nascosta la propria storia per mezzo secolo, per un misto di vergogna e senso di colpa, per aver svolto il ruolo terribile di "marcatore" dei prigionieri innocenti di Auschwitz.

Un peso così insopportabile da spingerlo ad allontanarsi il più possibile dall'Europa, per stabilirsi a vivere in Australia insieme alla moglie Gita, l'altra grande protagonista di questa storia incredibile, anche lei internata a Birkenau dal '42 e "marchiata" dallo stesso Lale con il numero 34902.

Il loro sarà un amore sussurrato e nascosto, vissuto in mezzo all'orrore di Auschwitz come l'ultimo residuo appiglio alla vita, o per meglio dire alla sopravvivenza.

Poi, con l'avvinarsi dei russi, i nazisti iniziano a sgomberare i campi e i due innamorati vengono separati, per poi ritrovarsi per caso nei dintorni di Bratislava. Dopo il matrimonio la coppia si stabilisce in Cecoslovacchia e cambia nome in Sokolov, ma la tranquillità dura ben poco perché anche sotto i sovietici la vita è tutt'altro che facile e i coniugi sono costretti a fuggire un'altra volta, dall'altra parte del mondo, chiudendo in un cassetto il loro rocambolesco passato e anche la loro incredibile storia d'amore.

(Unioneonline/b.m.)
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