Per i giudici della Corte d'assise d'Appello di Brescia è valida la prova del Dna che identifica Massimo Bossetti come l'omicida di Yara Gambirasio - la 13enne scomparsa a Brembate di Sopra (Bergamo) il 26 novembre 2010 e trovata morta tre mesi dopo in un campo di Chignolo d'Isola - perché "non c'è stata violazione dei principi del contraddittorio e dei diritti della difesa".

Il collegio ha depositato le motivazioni della sentenza pronunciata nei confronti del carpentiere di Mapello, condannato all'ergastolo in secondo grado lo scorso 17 luglio.

Nel documento i giudici spiegano che non è possibile eseguire la super perizia richiesta dai legali dell'imputato perché il materiale genetico trovato sui leggings e sugli slip della ragazzina è terminato.

"Quello che è certo, in ogni caso, è che non vi sono più campioni di materiale genetico in misura idonea a consentire nuove amplificazioni e tipizzazione", si legge in un passaggio delle motivazioni; "si deve quindi ribadire ancora una volta e con chiarezza che una eventuale perizia, invocata a gran voce dalla difesa e dallo stesso imputato, sarebbe un mero controllo tecnico sul materiale documentale e sull'operato dei Ris".

Bossetti era stato condannato al "fine pena mai" già in primo grado con la sentenza dell'1 luglio 2016.

(Redazione Online/F)

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