"A Roma le mafie esistono".

A distanza di due giorni dalla sentenza per il processo per Mafia capitale, che ha visto la condanna a 20 anni di reclusione per Massimo Carminati e a 19 per l'imprenditore Salvatore Buzzi, il procuratore di Roma Marco Pignatone è tornato sul caso e in particolare sulla caduta dell'accusa di associazione mafiosa per gli esponenti dell'organizzazione criminale.

In un'intervista Pignatone ha ribadito che nella Capitale i clan "lavorano incessantemente nel traffico di stupefacenti, nel riciclaggio di capitali illeciti, nell'usura. Solo lo scorso giugno abbiamo sequestrato beni di provenienza mafiosa per 520 milioni di euro. Sono mafie che incidono pesantemente nella qualità della vita dei cittadini, nella libertà delle loro scelte".

Un problema che assomma ad altri - gravissimi - che affliggono la Capitale: "Roma ha un'emergenza altrettanto grave, se non più grave della mafia. E sono la corruzione e i reati economici. Noi trattiamo bancarotte per centinaia di milioni di euro. Frodi all'erario ed evasioni fiscali per miliardi. E su questo vorrei fosse chiaro a tutti che il mio ufficio non accetta, né intende rassegnarsi all'idea che tutto questo sia normale. Faccia parte del paesaggio. Addirittura ne sia componente necessaria".

"HO PERSO MA NON MI RASSEGNO" - Secondo il procuratore, la sentenza del maxi-processo su Mafia Capitale "ha riconosciuto che a Roma ha operato una associazione criminale che si è resa responsabile di una pluralità di fatti di violenza, corruzione, intimidazione".

Attraverso le indagini è infatti emerso che esisteva "un sistema criminale capace di infiltrare il tessuto amministrativo e politico della città fino al punto di avere a libro paga amministratori della cosa pubblica", ha aggiunto il magistrato.

Ma l'ufficio del procuratore ha perso il processo sulla questione dirimente, la mafiosità di quel sistema criminale: "Non c'è dubbio. È il dato negativo di questa sentenza", ha commentato.

"Con questa indagine", spiega ancora Pignatone, "intendevamo proporre un ragionamento avanzato sul rapporto tra mafia e corruzione. Per altro, muovendoci nel solco della più recente giurisprudenza di Cassazione sull'articolo 416 bis. Ora, il tribunale ha espresso un parere diverso e dunque aspettiamo le motivazioni per comprendere quale è stato il percorso logico della decisione".

Ha poi concluso: "Se si tratta di questioni che riguardano l'interpretazione del reato di associazione a delinquere di stampo mafioso, o, al contrario, di una diversa lettura e qualificazione del fatto storico che il dibattimento ha provato. Dopodiché, se il tribunale ci convincerà, non faremo appello, altrimenti impugneremo".

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