Il caso del piccolo Francesco, morto a 7 anni all'ospedale Salesi di Ancona per un'otite curata con preparati omeopatici, ha riaperto il dibattito sul rapporto tra medicina tradizionale e omeopatica.

Nei primi di maggio, a Francesco è stata diagnosticata un'otite bilaterale. Infezione di cui il bambino aveva già sofferto in passato, curata dall'omeopata Massimiliano Mecozzi - considerato un luminare del settore tra Pesaro e Fano - al quale la famiglia si era rivolta.

La contrapposizione tra i due diversi metodi di cura, allopatica e omeopatica, "esiste da tempo", spiega a L'Unione Sarda Antonella Ronchi, presidente della Federazione italiana delle associazioni e dei medici omeopati - "e l'atteggiamento di rifiuto dell'una e dell'altra parte non aiuta certo a dirimere la questione".

Si può curare un'otite con l'omeopatia?

"Sì, e a dirlo sono studi accreditati. Ma la risposta deve essere verificata nei primi tre giorni, non di più. Se il paziente continua a stare male, vuol dire che il medico deve cambiare strada".

Nel caso di Francesco di giorni ne sono passati quasi quattordici.

"Se le cose sono andate davvero così, non ho parole. Mi sembra assurdo".

Come spiega la fiducia quasi cieca dei genitori del bambino nei confronti dell'omeopata?

"A volte i pazienti arrivano da noi con un atteggiamento che definirei fideistico, ideologico. Non so se in questo caso si sia trattato di un 'plagio' da parte del medico curante o di una particolare presa di posizione dei genitori. Ma spesso sono io la prima a suggerire di provare la strada tradizionale, perché l'omeopatia ha dei limiti. Ma non tutti lo accettano".

Quali sono questi limiti?

"Partiamo dal presupposto che l'omeopatia ha grandissime potenzialità: mette in moto le capacità di reazione dell'organismo senza ricorrere a farmaci troppo pesanti. Ma può non essere sufficiente, come può non essere sufficiente la medicina tradizionale. Esistono strumenti convenzionali assolutamente insostituibili, come quelli che salvano la vita delle persone in casi di emergenza".

In generale le due cure possono essere sinergiche?

"Certo. Anzi, noi chiediamo un'integrazione e non una continua svalutazione da parte dei medici, che spesso mettono in imbarazzo i pazienti che ricorrono all'omeopata. Ci vorrebbe una collaborazione, un riferimento continuo più che una contrapposizione".

Gli Ospedali Riuniti di Ancona
Gli Ospedali Riuniti di Ancona
Gli Ospedali Riuniti di Ancona

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Una collaborazione di cui si dice favorevole, anche se in termini diversi, anche Giampietro Chiamenti, presidente della Federazione italiana medici pediatri.

Stando al racconto del nonno di Francesco, era stato proibito ai genitori di ricorrere a un pediatra.

"Una decisione decisamente discutibile. Quando un bambino sta male, la prima cosa da fare è consultare il proprio pediatra. In questo caso qualsiasi specialista si sarebbe reso conto che davanti a una febbre persistente qualcosa nel trattamento non stava funzionando".

Cos'avrebbe potuto fare un pediatra per salvare il bambino?

"Non conosco il caso specifico, salvo quello che si legge sui giornali. Ma posso dire che sono due i pilastri della gestione delle malattie infettive: la prevenzione, con la promozione delle vaccinazioni, e la terapia che, qualora la patologia sia di tipo batterico, è rappresentata dall'antibiotico".

L'omeopatia può essere una strada percorribile?

"Ci sono molti pediatri che guardano con simpatia a questo tipo di cure. Ma non possono essere esclusive, non ne hanno le caratteristiche".

Perché?

"Perché contengono in sé dei rischi, delle incertezze. Nel caso dei bambini, è il pediatra che deve valutare, attraverso criteri di appropriatezza, se affiancare ai metodi tradizionali (e non mi riferisco solo agli antibiotici) gli eventuali vantaggi delle cure omeopatiche".

Qual è il ruolo del pediatra?

"Accompagnare il genitore nella scelta della cura e valutare la terapia adeguata sulla base di evidenze scientifiche. Tenendo conto che, anche se oggi vanno di moda le strade 'alternative', ogni paziente, a maggior ragione ogni bambino, ha una storia a sé".

Angelica D'Errico

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