«Non voglio elemosine, né cerco comprensione o pacche sulle spalle. Nella vita ho sbagliato, ho sempre pagato e mi sono rialzato. Chiedo, anzi pretendo, che mi diano i soldi che mi spettano, che mi sono lavorato col sudore della fronte, perché solo così potrò sperare di riavere i miei figli che sono l'unica cosa che davvero conta».

IL PORTUALE - Gianluca (di cui non pubblichiamo le generalità complete a tutela dei minori coinvolti) è uno dei 48 lavoratori della Compagnia portuale di Cagliari che da mesi lottano per salvare il posto e avere tredicesime e quattordicesime mai pagate. Fatica in porto dal 2000 e il suo è uno dei casi più drammatici, anche se la situazione è al limite ormai per tutti. «A qualcuno dei colleghi hanno staccato la luce, ad altri l'acqua. C'è chi non riesce più a pagare il mutuo e a portare a tavola un pasto». Famiglie che si sentono abbandonate, che stanno via via perdendo la speranza.

LA STORIA - A Gianluca, 47 anni, nato a Mulinu Becciu, musicista appassionato di rock ed heavy metal, hanno però anche tolto due dei tre figli. La situazione economica precaria da una parte, un rapporto decisamente conflittuale con la compagna dall'altra. Ci sono state denunce, problemi seri. Così sono intervenuti i servizi sociali e ora i due bimbi - che hanno 4 e 5 anni - potrebbero andare in adozione. E restando così le cose difficilmente Gianluca li potrà rivedere. «L'ultima volta li ho incontrati lo scorso giugno - spiega -. Ho fatto di tutto per rispettare le prescrizioni del giudice dei minori, con la mia compagna abbiamo iniziato un percorso di terapia di coppia, ci siamo uniti molto, ci amiamo, ho trovato una casa più grande, stavo ritrovando il sorriso ed ero convinto di poter vincere la mia battaglia. Ma poi sono ricominciati i problemi economici a causa di questa assurda situazione che si è creata nella Compagnia portuale. Io lo capisco il giudice, fa bene a chiederci delle garanzie, al suo posto probabilmente farei lo stesso. Posso assicurare il pane ai miei figli? In teoria sì, se mi pagassero gli oltre 10mila euro di arretrati che aspetto da anni e lo stipendio regolare da 1.000-1.200 euro al mese. Ma siccome io ho un lavoro solo per finta, allora la risposta è no. E avendo comunque un posto di lavoro, anche se solo sulla carta, non posso neanche chiedere i benefici che spettano a chi non ha reddito».

LA VERTENZA - Da mesi l'Autorità portuale sta seguendo da vicino la complicata vertenza e proprio in questi giorni ha proposto ai lavoratori della Compagnia - che ormai è a un passo dal fallimento - un acconto sullo stipendio di aprile del 40% che dovrebbe essere versato da una delle società committenti, in attesa - a quanto pare - di creare entro giugno un'agenzia del lavoro che riassorba tutti e 48 i dipendenti. «Questo dell'acconto è stata l'ennesimo schiaffo - sbotta -, sarebbero 400 euro e io solo di affitto ne pago 500. Qui con me ho due bollette delle luce scadute da pagare, non ho i soldi e non so come fare. Sto vendendo la mia chitarra elettrica, nella musica ho sempre trovato la pace e per me ha un valore affettivo enorme. Altro non posso fare. Eppure ho un lavoro e vanto crediti per 10mila euro. Le sembra giusto tutto questo? Dicono che non ci sono più soldi, ma dove sono finiti quelli lavorati da me e dai miei colleghi?».

LA SPERANZA - Gianluca ha tanto orgoglio. Spacciarsi per un martire non gli passa neanche per la testa. Alla vita (e al giudice) aveva solo chiesto una seconda chance. Lui pensava di potersela giocare sino in fondo. Invece non è andata così. E stavolta non per colpa sua. «Ma io la speranza non la perdo - sospira con gli occhi lucidi -, non mi arrenderò mai e lotterò con tutte le mie forze perché i miei bimbi tornino a casa, non importa quanto ci vorrà. Io e la loro mamma ce la faremo».

Massimo Ledda
© Riproduzione riservata