Non ci stanno i genitori di Domenico Maurantonio, il 19enne padovano precipitato circa due anni fa da una finestra dell'hotel "Da Vinci" a Milano e morto mentre si trovava in gita scolastica all'Expo.

Chiedono un supplemento di indagini e non credono alla tesi dei pm Alberto Nobili e Giancarla Serafini, che insistono per archiviare l'inchiesta per omicidio colposo a carico di ignoti perché a loro avviso il ragazzo sarebbe caduto in seguito a un capogiro o un malore al termine di una serata in cui aveva bevuto un po' troppo.

Il legale della famiglia, Eraldo Stefani, ha chiesto al gip Paolo Guidi di approfondire le indagini su sei amici dello studente, e di comparare una traccia di Dna trovata sul palmo della mano destra del ragazzo con quelle dei compagni che quella sera erano con lui.

Traccia di Dna che, secondo i pm, non è decisiva in quanto potrebbe essere dovuta ad una semplice stretta di mano con un amico. Anche i segni lasciati con un palmo della mano sul davanzale della finestra e sul muro, secondo la procura, altro non sarebbero che un tentativo per frenare la caduta.

La tesi dell'avvocato dei familiari, invece, è un'altra: Domenico sarebbe stato afferrato per le caviglie da qualcuno che lo avrebbe tenuto sospeso nel vuoto fuori dalla finestra e, prima di precipitare avrebbe cercato di aggrapparsi al davanzale.

Il gip ora deve decidere se archiviare il caso o chiedere alla procura un supplemento d'indagine, e molto probabilmente lo farà dopo Pasqua.

Il corpo di Domenico Maurantonio è stato trovato alle 7.30 del mattino da un dipendente dell'hotel: l'ultimo messaggio inviato dal cellulare del 19enne è partito alle 5.20.

Per la procura il ragazzo era solo quando è precipitato nel vuoto perché le tracce biologiche trovate sul davanzale della finestra appartengono solo a lui.
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