Oltre mille talassemici, un fabbisogno annuale di 110 sacche di sangue ogni mille abitanti e solo 54 a disposizione.

Bastano questi numeri per aprire in Sardegna una vertenza talassemia, frutto di un patto tra l'assessorato regionale della Sanità e le associazioni di talassemici.

Si tratta di una serie di interventi per migliorare l'assistenza, la ricerca e rendere l'ospedale Microcitemico il punto di riferimento d'eccellenza per la talassemia. "La raccolta di sangue è una priorità", sottolinea il presidente di ThalassAzione, Ivano Argiolas, "noi viviamo grazie al sangue donato dalle persone".

COLPA DI DECISIONI ROMANE - Ma se è vero che la donazione è una questione soprattutto culturale, ci sono anche alcune decisioni che rendono ancora più complicata la raccolta. Si tratta di decisioni che arrivano da Roma, come quella di aumentare il limite del valore dell'emoglobina per consentire la donazione. In una Regione in cui l'incidenza di portatori sani di talassemia è molto alta, significa impedire a tantissime persone di poter donare il sangue.

Il sistema sanitario sardo spende circa 6 milioni all'anno per colmare un gap che diversamente impedirebbe di garantire le cure non solo ai talassemici, ma a chiunque abbia necessità di sangue per gli interventi.

L'assessore, Luigi Arru, ha dato la massima disponibilità per un confronto costante con le associazioni per un tavolo tecnico sulle emopatie: "Dobbiamo mettere a sistema atti che si traducano in azioni concrete". Graziella Pintus, direttore generale dell'Azienda Brotzu, ha elencato gli interventi imminenti che riguarderanno l'ospedale Cao: "Ci sono 8,2 milioni di euro di fondi europei per i lavori di ampliamento e 600 mila per gli arredi. Abbiamo acquistato una tac pediatrica con 1,2 milioni e assunto l'impegno di definire una struttura dedicata ai talassemici, diversa dall'attuale ospitata nella clinica pediatrica".
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