"Chiediamo alla comunità internazionale assistenza nell'addestramento delle nostre truppe, dei nostri giovani, ma non un intervento straniero".

Questa la richiesta del premier del governo di concordia nazionale libico, Fayez al-Serraj, al internazionale di Vienna dedicato proprio alla sicurezza e alla stabilizzazione del Paese nordafricano.

Ai lavori hanno partecipato i ministri degli Esteri e gli alti rappresentati di una ventina di Paesi occidentali e arabi.

In prima fila, il segretario di Stato Usa John Kerry e il ministro degli Esteri italiano Paolo Gentiloni.

Nel suo intervento, Kerry ha sottolineato il ruolo chiave dell'Italia nel processo di pace, ricordando che "l'imperativo è l'appoggio unanime al governo di unità libico per aiutare il Paese ad affrontare la crisi economica".

Dal canto proprio, Gentiloni ha sottolineato il fatto che la comunità internazionale ha riconosciuto il governo guidato da al-Serraj e la necessità che la Libia resti unita.

"La stabilizzazione non sarà veloce né facile - ha detto il numero uno della Farnesina - ma ora ha una base su cui costruire".

Ancora, Gentiloni ha ricordato che le diverse nazioni si sono trovate d'accordo sul fatto che "è il governo di concordia nazionale che deve essere protagonista del processo di pacificazione", senza (al momento) "l'intervento da parte di forze straniere".

"Sono i libici che devono essere in prima linea per contrastare il terrorismo e i traffficanti di uomini", anche se con l'appoggio, politico, logistico e di addestramento, da parte dell'Italia e di altri Paesi.

Concetto anticipato, ieri, anche dal presidente del Consiglio Matteo Renzi, che aveva fatto sapere che l'Italia non manderà le sue truppe militari in Libia, essendo "troppo alti i rischi e troppo forte il pericolo" che i soldati stranieri vengano presi di mira da attacchi armati.
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