Per i più anziani è "Sa figu morisca", semplicemente. Ottima per i succulenti frutti ed efficace "recinzione" per fondi agricoli.

Per lei è un intricato gioco di filamenti, continua e inesauribile fonte d'ispirazione per oggetti e ornamenti unici nel loro genere.

Perché Valentina Notari, restauratrice di professione, non tratta un materiale qualunque. La materia "da plasmare" non ha la plasticità dell'argilla o la calda sinuosità del legno, ma la secca consistenza di tronchi e pale di fico d'India stagionati.

Una complessa trama di fibre vegetali che, con maestria e inventiva, ha trasformato nel suo "paracadute" per un mondo del lavoro che nel Sulcis della grande crisi, e nel suo settore in particolare, non abbonda certo di opportunità.

Is Porcus, una manciata di case tra le colline di Perdaxius. Dalla casa di Valentina, immersa tra lentischi, lecci e piante grasse di ogni genere, il panorama sul paese e la vallata sottostante è mozzafiato.

È qui che la sua famiglia, padre toscano e madre perdaxina doc, nel 1995, ha deciso di ritornare e mettere radici stabilmente sospinta da quel "mal di Sardegna" che trova lenimento nei colori e nei profumi che solo una natura ancora selvaggia può regalare.

E in questa sorta di "atelier", con vista sulla "valle dei nuraghe", tronchi e pale di "carrucciu" prendono vita e si trasformano in collane, bracciali, cornici, scacchiere, quadri, lampadari, orologi da parete e ogni altro oggetto che la fantasia e le mani di Valentina sono in grado di creare.

La materia prima del resto a Perdaxius e nel resto del Sulcis, dove “is carruccius” sono ancora il più diffuso e naturale confine tra poderi, non le manca di certo. "Tutto è iniziato un paio d’anni fa per la voglia di sperimentare e – racconta - di creare una sorta di alternativa al mio vero lavoro, quello di restauratrice, che spesso, a causa della crisi, vive di lunghi periodi di pausa forzata".

E così, tra un cantiere e l’altro, ecco prendere forma l’idea di usare tronchi essicati (minimo un anno) e pale lignificate di fico d’India per creare oggetti d’arte con un materiale naturale (tranne colla e flatting ad acqua) al cento per cento.

Tutti pezzi unici che, incontrando sempre più i favori del pubblico nelle diverse piazze dell’Isola, hanno poi spinto Valentina a creare prima “Novart” e ora “Novadesign” (dall’acronimo del suo nome) per certificare e pubblicizzare la sua linea di oggetti d’arte, uno dei quali è stato invitato a partecipare alle Biennali di arte contemporanea a New York e a Dubai.

"Il mio sogno sarebbe di creare un marchio tutto mio. Passare dallo status di hobbista, come ritengo di essere ora, a un qualcosa di più che – conclude – possa assomigliare a un lavoro".
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