A uguri. E, per carità di patria, niente figli: maschi, femmine che siano. Perché ci sono cromosomi che è meglio tenersi per sé, invece che trasmetterli alla prole, visto che corre il rischio di somigliare – anche cerebralmente – a chi li ha fatti. Non sempre è opportuno.

Lo scenario è una villa sul Lago di Varese, talmente lussuosa che mantenerla costa un occhio, quindi i padroni l’affittano per banchetti di matrimonio. Il problema è che alcuni “signori” invitati, alla villa giungono già alticci. Sono molesti e - ovvio - interviene lo sposo: si ubriaca con loro nel giardino.

I camerieri smettono di servire alcolici, lo sposo 35enne la prende male: minaccia la padrona di casa di tagliarle la gola (d’altronde, è così che si fa nell’alta società), rovescia un tavolo e una pianta. La donna si barrica. Intanto gli invitati entrano in confusione lessicale: dai bordi, direttamente nella grande vasca in giardino producono ciò che, rispetto alla piscina, perde il diminutivo. La festa si fa idraulica.

«Sconoscesi», avrebbero scritto le forze dell’ordine, che cosa pensa la sposa di tutto ciò: eppure il Dna familiare dovrebbe interessarle per i motivi di cui sopra. Ma ciò che più colpisce, in questo squallore, è il nome della lussuosissima dimora che ospitava il ricevimento: Villa Calmia. E no, curiosamente non è più sul mercato dei ricevimenti.

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