Il cablogramma militare è nascosto in un anfratto della Capitaneria di Porto di Arbatax. Lontano da occhi indiscreti, silenziato per ordini superiori. Nessuno deve sapere quel che accade in quello specchio di mare davanti alla costa orientale della Sardegna, quello dove ogni giorno transita il “sali e scendi” delle navi passeggeri, dei cargo merci e delle petroliere. Solo gli “spifferi” di bordo consentono di intercettare la missiva del Comando del poligono Sperimentale e di Addestramento Interforze di “Salto di Quirra”.

Dispaccio secretato

Il dispaccio “secretato” è diretto ai vertici dell’ufficio Circondariale marittimo competente per territorio. Il contenuto per gli uffici di Stato è sintetico come pochi. Non ci sono troppe notizie e spiegazioni da fornire all’esterno, figuriamoci se il contenuto del fonogramma deve annunciare che, durante i giochi di guerra al largo del poligono, le navi “interforze”, caccia-torpedinieri e portaerei, hanno “disperso” due missili da guerra finiti inabissati in quelle acque senza mai esplodere. È il 24 ottobre scorso quando il foglio n.15479 irrompe nella scrivania di Mattia Caniglia, il trentaquatrenne comandante del Circomare di Arbatax appena sbarcato in terra sarda da Mazara del Vallo dove guidava la sezione tecnica, sicurezza e difesa portuale.

Allarme esplosivo

Non ha potuto non leggere quella missiva d’alto mare appena recapitata dai piani alti di Quirra. L’ha dovuta valutare attentamente, capire come muoversi, visto che la notizia riguardava un vero e proprio allarme-esplosivo nel tratto di mare dove ogni giorno passano natanti, navi di ogni genere, pescatori e quant’altro. Dall’altra parte ben sapeva che la notizia doveva essere trattata con riserbo visto che i vertici militari non si erano sbracciati per divulgare la notizia. Passano 48 ore e il neo comandante rompe gli indugi. Non può tenere a lungo sottotraccia quella notizia: alle 11 e 17 di mercoledì 26 ottobre la sua firma digitale autorizza la pubblicazione dell’allarme nello spazio meno frequentato della Capitaneria, quello degli avvisi.

Bando di pericolosità

Niente ordinanza, troppo visibile, nonostante il Comando del Salto di Quirra avesse esplicitamente richiesto proprio quel provvedimento, perentorio e ordinativo. La Capitaneria non dà seguito alla richiesta di ordinanza e opta per un “Bando di Pericolosità”. È il numero due dell’anno in corso. Casualmente, dunque, si scopre che 18 giorni prima, l’otto ottobre, la stessa capitaneria era stata costretta ad emettere il primo bando di pericolosità dell’anno. In quel caso, dall’allarme del Poligono alla pubblicazione della nota ufficiale, erano passati ben quattro giorni, a significare che la procedura per divulgare “segretamente” la notizia era stata vagliata con attenzione. A far trapelare la fuga di notizie è il secondo bando di pericolosità in ordine di tempo.

Assetto di guerra

Dai primi giorni di ottobre quel tratto di mare era funestato da decine di navi da guerra, armate sino ai denti, in assetto da combattimento visto che le disposizioni divulgate in quei giorni dall’Unione Sarda parlavano senza preamboli di assetto «orientato al “warfighting”», ovvero destinate esplicitamente all’allarme di pronto intervento in un conflitto bellico legato «all’evoluzione dello scacchiere internazionale». La realtà è che non stavano giocando a “mosca cieca”, ma stavano sparando missili, bombe e quanto di più devastante ci possa essere in un assetto da guerra. Non missili finti, ma di quelli che costano un botto di soldi, milioni di euro di armamenti da “consumare” in terra e mare sardo, giusto per rimpinguare gli arsenali e riempire i portafogli delle industrie belliche. Esercitazioni, però, non gratificanti vista la comunicazione che i vertici della Difesa hanno dovuto, seppur sommariamente, divulgare, facendo emergere il flop dei lanci di missili con il conseguente elevatissimo pericolo in quei tratti di mare. Il bando di pericolosità n.2 è esplicito: «Il Comando del Poligono Sperimentale e di Addestramento Interforze di “Salto di Quirra” ha richiesto l’emissione di Ordinanza per la presenza di due residuati aventi lunghezza pari a 3 metri e diametro di circa 127 mm, adagiati sul fondale rispettivamente a 21 e 23 miglia dalla costa».

Vita umana

Le conseguenze sono tutte nella comunicazione riservata: è «necessario dover garantire la pubblica incolumità, la sicurezza della navigazione e della salvaguardia della vita umana in mare, il traffico marittimo ed ogni altra attività di fruizione del mare nel tratto di mare in parola». Salvaguardia della vita umana, traffico marittimo: non definizioni a caso, visto che tutti gli algoritmi della navigazione tracciano frequenze elevatissime proprio in quel tratto di mare. Quel che più sorprende è l’uso delle parole, contraddittorie nella sostanza: nella stessa nota si sostiene, infatti, che i due missili sono prima «adagiati nel fondale» e poi, subito dopo «dispersi due residuati delle esercitazioni militari del Poligono Interforze del Salto di Quirra».

Missili dispersi

L’ultimo dei due bandi avvisa che: «le zone di mare aventi un raggio di 300 mt dai punti indicati, sono pericolose alla navigazione, alla pesca e mestieri affini, nonché per ogni altra attività subacquea». Vengono dichiarati «dispersi», in realtà, però, nella stessa nota i vertici militari divulgano le coordinate delle aree a mare nelle quali quei missili, probabilmente lanciati proprio dalle navi militari dislocate da settimane in quell’area di mare, si sarebbero adagiati, senza esplodere. Un dato è inconfutabile, quei residuati non sono esplosi, perché altrimenti sarebbero certamente inquinanti, ma non sarebbero pericolosi per la vita umana.

Segretezza militare

Missili veri e propri, dalle dimensioni dichiarate ma non attribuite, per ovvie ragioni di segretezza militare, ad una precisa forza militare. Le modalità di comunicazione, però, suggeriscono che tale «bando di pericolosità» è un fatto inedito nello scacchiere delle esercitazioni militari, visto che sino ad oggi gran parte di queste situazioni venivano occultate e silenziate dagli stessi vertici della Difesa. L’avvio di questa procedura risalirebbe, dunque, allo scorso otto ottobre, quando, nello stesso perimetro di mare, era stato dichiarato “disperso” il primo missile lanciato ma non esploso in seguito alle esercitazioni in corso sulla vastissima costa orientale della Sardegna. Anche in quel caso stesse dimensioni degli ultimi due missili dati per dispersi. In tutti e tre i casi non vengono mai citate tipologie e cariche esplosive, potenzialità di gittata e capacità distruttiva. Gli indiziati sono diversi, ovviamente legati al tipo di nave che li utilizzava e alla bandiera nazionale dei “caccia-torpedinieri” in missione in quell’area. Gli esperti balistici parlano certamente di un missile-siluro leggero, impiegato su nave o aeromobile, compresi gli elicotteri. Si potrebbero ipotizzare dei nomi dell’arma adottata, ma l’attribuzione del fallimento del lancio missilistico necessità di comunicazioni ufficiali, che per il momento non ci sono, visto il silenzio scelto sino ad oggi dalle forze armate.

Missili anti-sommergibile

In ballo ci sono missili in codice ASW, Anti-Submarine Warfare, ovvero siluri in grado di intercettare, seguire e colpire sommergibili e navi di superficie. Ad utilizzare quel tipo di armamento solitamente sono “fregate” ma anche portaerei antisommergibile, aerei da pattugliamento marittimo, elicotteri antisommergibili, oppure altri sottomarini d'attacco. Tutti “ingredienti” di guerra presenti in quegli scenari di conflitto simulati sulle coste sarde.

Esplosioni a caro prezzo

Un consumo, in questo caso fallimentare, di armamenti ad alto costo destinati a devastare i fondali marini caratterizzati da un equilibrio che meriterebbe ben altro trattamento. Oggi possiamo raccontare di questi tre lanci falliti, con tanto di pericolo permanente in quel tratto di mare, ma ignoriamo quanti altri missili, bombe o siluri abbiano fatto scempio del mare intorno all’Isola. Una valanga di soldi per devastare il mare con esercitazioni tanto inutili quanto funzionali allo spreco di risorse finanziarie destinate di fatto a sovvenzionare la bramosia dell’industria bellica.

Tre miliardi per missili

Basterebbe leggere quanto c’è scritto nel riservatissimo piano d’acquisto di armamenti del Ministero della Difesa per questo genere di missili nel 2022: «La Marina otterrà per le due unità classe Orizzonte (Doria e Duilio), (quelle che erano in azione nei mari sardi in quei giorni), Aster 15 e Aster 30, frutto dell’aggiornamento dei missili esistenti e Aster 30 B1-NT di nuova produzione, per le 8+2 unità classe Frem missili Aster 15 e Aster 30 ed, infine, per nave Cavour missili Aster 15». Il costo del programma è stimato in oltre 3 miliardi di euro, una valanga di denari da elargire alle industrie belliche in cambio di missili destinati a devastare per sempre le coste sarde o inabissarsi, perennemente esplosivi, nei mari dell’Isola. Alla faccia della crisi economica, energetica, delle bollette stellari, della povertà e dei missili che si adagiano senza esplodere nei mari della Sardegna. Senza pensare a quelli che impunemente vengono fatti esplodere a ridosso della costa sarda devastandola senza indugio e rispetto.

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