È in programma questa mattina a Mansura, in Egitto sul delta del Nilo, la terza udienza del processo a carico di Patrick Zaki, lo studente egiziano dell'università di Bologna sotto accusa per diffusione di false informazioni attraverso articoli giornalistici e detenuto in carcere ormai da 22 mesi.

"Sto bene, grazie Italia", ha risposto Zaki dalla gabbia degli imputati a un diplomatico italiano che gli chiedeva come stesse. Patrick è vestito di bianco, colore simbolo degli imputati, porta una mascherina nera calata sul mento, codino, occhiali. Accanto a lui, di fronte al banco del giudice, tre legali e un poliziotto.

Come preannunciato da una sua legale, l'udienza servirà al suo pool di avvocati per presentare una memoria difensiva preparata sulla base dell'accesso agli atti ottenuto con la precedente seduta, quella del 28 settembre.

Il giudice monocratico di una Corte della Sicurezza dello Stato per i reati minori della città natale di Patrick, oltre ad eventualmente replicare alla memoria nel corso della seduta, deciderà se aggiornare ancora l'udienza ovvero pronunciare una sentenza di condanna o assoluzione inappellabile.

Il 30enne, come hanno riferito nei giorni scorsi i familiari, è stato da poco trasferito dal carcere cairota di Tora, dove ha trascorso quasi tutta la sua custodia cautelare, ad una prigione di Mansura.

In tribunale molti diplomatici italiani e, su richiesta dell'Ambasciata italiana, anche di altri Paesi per monitorare il processo come prima avevano fatto per tutte le sessioni di rinnovo della custodia cautelare.

Patrick era stato arrestato il 7 febbraio del 2020 tornando in Egitto per una vacanza e i 19 mesi di custodia erano stati giustificati con accuse di propaganda sovversiva fatta attraverso dieci post su Facebook.

Il rinvio a giudizio è avvenuto invece per "diffusione di notizie false dentro e fuori il Paese" sulla base di tre articoli scritti da Zaki, tra cui uno del 2019 sui cristiani in Egitto perseguitati dall'Isis e discriminati da frange della società musulmana.

Il ricercatore e attivista rischia fino a cinque anni di carcere. 

Questa mattina in aula ci sono, fra gli altri, anche George, il padre di Patrick, e la madre Hela con i quali un diplomatico italiano si è intrattenuto brevemente. 

(Unioneonline/v.l.)

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