Una costellazione di stati d’animo che tolgono il fiato, un abbraccio infinito verso una persona cara che racchiude tutta l’umanità di chi la vive. La storia di Glauco Di Martino, caregiver 50enne di Porto Torres, potrebbe sembrare comune, ma pur essendo ormai diffusa è una rarità di sentimenti contrastanti.

Non si è semplicemente preso cura di suo padre Renato e di sua madre Mari, ma accanto a loro ha cominciato un percorso senza un inizio né fine, perché nel cuore non si è ancora esaurito. Un’esperienza iniziata nel 2014 quando dopo la morte del padre si aggravano le condizioni della madre, affetta da una malattia genetica neuromuscolare rara, chiamata di Charcot Marie Tooth. “Colpisce i nervi, in particolare quelli delle gambe e poi deforma le ossa - spiega Glauco – una condizione che peggiora col tempo fino a crearti problemi di deambulazione. Così dopo le stampelle e la sedia rotelle si diventa allettati, si perde la vista e l’udito”. Per quattro anni, fino alla sua morte nel 2018, è stato accanto a lei, ha abbandonato il lavoro come autista di pullman turistici e si è rinchiuso dentro le quattro mura domestiche. “Ho affrontato questo cammino difficile perché mia moglie ha deciso di aiutarmi e – aggiunge – poi perché avevo messo da parte una discreta somma, risparmi del mio lavoro, che mi hanno permesso di sospendere in questi anni la mia professione. Denaro che ho usato per assistere Mari, perché non si può pretendere di sostenere una patologia così grave con una pensione minima”.

Un po' come affrontare un futuro incerto e senza speranza, un’arte difficile quella dell’avere cura delle persone care, che a un certo punto destabilizza e insieme arricchisce la vita del caregiver. Per Glauco “il primo passo è stato il ridimensionamento del tempo e poi la riduzione dei contatti interpersonali”. Ora la sua storia l’ha scritta in un libro “Il miracolo di Mari”, “ma non pretendo di essere considerato uno scrittore” dice, "il mio sogno è di dare una piccola mano a tutti coloro che nell'ombra vivono situazioni simili - racconta l’autore - e sollevare questo argomento con le istituzioni affinché si possano migliorare i servizi di sostegno alle famiglie dove sono presenti malati”. 

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