L'eremita di Sant'Elia appare scortato da cinque cagnetti, mezzo sigaro tra le mani e il panama in testa. «Prego, entrate pure», dice con tono cortese. Lo sguardo circospetto resta al di là del grosso cancello di ferro rosso mangiato dalla ruggine: è il confine di questo pezzetto di mondo dimenticato da Dio. Dove la città sotto occhi e piedi regala un senso di onnipotenza e l'unica voce che si sente è quella del vento che s'incastra tra le foglie di un fico. «Meglio stare solo che con certa gente»: sentenzia Luigi Pili, 76 anni, ex impiegato delle poste, ex sassofonista, ex cantante, scultore e custode di questo lembo di paradiso finito tra le mani dei legali.

Santi e ricordi – Bisogna imboccare via Giovanni Manurita e andare oltre. Oltre le discariche che s'impongono allo sguardo rendendo discontinuo il panorama così bello che commuove, e arrampicarsi in questa stradina fantasma sino a quando inizia a faticare anche il segnale del cellulare. In cima al colle Sant'Ignazio c'è Luigi: un incrocio tra Hemingway e un lupo di mare, ma lui pesca solo ricordi. Tutti riposti dentro un baule, tra centinaia di vecchie foto che testimoniano una vita piena. «Sono arrivato qui con mia madre, nel 1956. Faceva la materassaia, era veneta, cresciuta tra le montagne. Come vide questo posto disabitato si innamorò e non se ne volle più andare». Una striscia di terra di circa seicento metri quadri, con un vecchio rudere, senza tetto, né acqua ed elettricità. Col tempo sono arrivate porte, soffitto e le immagini dei santi alle pareti. «Non vado in chiesa ma prego ogni giorno. Mica è una vergogna». Due grandi Cristi in croce appesi in cucina anticipano i religiosi disseminati nelle altre stanze; in cortile c'è una rappresentazione della maternità, partorita dalle sue mani sapienti. «Scultore per hobby», precisa. «Ci ho sempre rimesso, mai guadagnato una lira».

Dal palco alla posta – Gli s'illuminano gli occhi quando torna indietro con la mente. Sino alla parentesi trascorsa con "I Profeti". Siamo a metà anni Sessanta, a Milano: all'ombra della Madonnina si forma il gruppo che esordisce con "Bambina sola", il primo 45 giri che tra i testi porta persino la firma di Battisti. «Quando Renato (Brioschi, il leader) fu chiamato a fare il militare, lo sostituii per diciotto mesi». Dal tetto del capoluogo sardo al successo nel cuore lombardo: «Cantavo e suonavo il sax. Scrissi anche "Gli occhi verdi dell'amore", cover italiana di un successo internazionale. Con la mia canzone vinsero il Cantagiro, sezione nuove promesse, ma non essendo iscritto alla Siae il mio nome non appare». I sogni di gloria finiscono in fretta. Torna a casa, in cima al colle che sovrasta Cagliari, e inizia lavorare alle poste, «come responsabile della qualità, ma sino a quando ho potuto ho continuato a suonare».

Sotto sfratto - Oggi - pensione a parte - gli è rimasto solo il "suo pezzo" di mondo che comprende anche una grotta. Al soffitto ha appeso le lampade a batteria, e un ventilatore stile Casablanca. Frammenti di un'esistenza vissuta ai confini con l'umanità, salvo visite saltuarie, e che ora esige il conto. Nel 2003 il Comando militare si è ricordato di questa lingua di terra: ha chiesto prima il pagamento degli affitti non corrisposti, poi di rientrare in possesso dell'area. Dopo circa vent'anni di guerra legale, l'eremita con il Panama in testa ha ricevuto lo sfratto esecutivo. «Qui c'è tutta la mia vita, mi si spezza il cuore all'idea di dovermene andare». E allora sembra quasi vederlo mentre prepara le sue cose e cammina nella notte, perché ormai non dorme più.

Sara Marci 

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