DOHA. I colloqui per Gaza sono a un «punto critico», perché quella che Donald Trump chiama «pace» è solo una tregua «incompleta», almeno finché «Israele non si ritirerà del tutto» dalla Striscia. Il monito arriva dal premier del Qatar, Mohammed bin Abdulrahman Al-Thani, tra i mediatori del cessate il fuoco, insieme a Stati Uniti ed Egitto, che stanno lavorando per passare alla cosiddetta fase due del piano Usa. E dal palco del Forum di Doha arriva l'appello a mobilitare rapidamente la Forza internazionale di stabilizzazione prevista dall'accordo, nonostante Hamas debba ancora restituire il corpo dell'ultimo ostaggio, il poliziotto Ran Gvili. Abbiamo bisogno di schierare questa forza il prima possibile sul terreno, perché una parte, che è Israele, viola il cessate il fuoco ogni giorno», ha avvertito il ministro degli Esteri egiziano, Badr Abdelatty.
Il valico di Rafah
Egitto e Qatar, con altri sei Paesi a maggioranza musulmana, hanno inoltre ribadito la preoccupazione per l'annuncio di Israele di voler aprire nei prossimi giorni il valico di Rafah solo per l'uscita dei palestinesi dalla Striscia. L'apertura della frontiera dovrà essere nelle due direzioni e servirà «a convogliare l'aiuto umanitario e medico», e non a senso unico per «trasferire i residenti» di Gaza altrove, hanno ammonito.
La Turchia, Paese garante del cessate il fuoco, ha affermato che i negoziati sui diversi nodi della Forza di pace (Isf) sono in corso: in particolare, esiste «un grande interrogativo» su quali Paesi formeranno il contingente che secondo Trump sarà composto da circa 20.000 militari, quali regole di ingaggio e altri dettagli, ha spiegato il ministro turco Hakan Fidan, da Doha. Secondo Ankara - che preme per partecipare nonostante il no di Israele -, il principale obiettivo della Forza dovrà essere quello di «separare israeliani e palestinesi lungo il confine», ha aggiunto Fidan. Nella fase 2 del piano, infatti, l'Isf dovrà ulteriormente ritirarsi dalla Striscia fino al ridosso del territorio di Israele in parallelo con il disarmo di Hamas, che tuttavia non è disposto a cedere del tutto le armi. «Ma dobbiamo essere realistici», ha avvertito il ministro turco: «Il disarmo non può essere la priorità in questo processo».
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