Arriva alla Cassazione il caso Open Arms che vede il leader della Lega Matteo Salvini imputato dei reati di sequestro di persona e rifiuto di atti d'ufficio per aver negato, nel 2019, lo sbarco alla nave della ong spagnola e ai 147 migranti soccorsi in mare.
Dopo l'assoluzione di dicembre scorso e il deposito delle motivazioni della sentenza, la Procura di Palermo ha scelto di ricorrere direttamente davanti ai supremi giudici, saltando il giudizio di appello. La reazione del leader del Carroccio non si è fatta attendere: «Ho fatto più di trenta udienze, il Tribunale mi ha assolto perché il fatto non sussiste, riconoscendo che difendere i confini non è un reato. Evidentemente qualcuno non si rassegna, andiamo avanti: non mi preoccupo», ha detto, non nascondendo «un po' di sorpresa e di rabbia, se uno ritiene di non aver compiuto nessun reato».
L’interpretazione
Ma cosa ha spinto i pm di Palermo alla prassi inusuale del ricorso diretto in Cassazione? Secondo la Procura, in ballo non c'è la ricostruzione dei fatti contestati a Salvini, tutti riconosciuti dal tribunale che l'ha scagionato, ma il ragionamento giuridico sostenuto dal collegio che, interpretando erroneamente leggi e convenzioni internazionali, per i pm, ha negato che in capo all’Italia gravasse l'onere di assegnare alla nave della ong spagnola il porto sicuro (Pos). Un assunto che si basava su una sbagliata lettura delle norme – a dire della Procura – che ha fatto venir meno prima il reato di rifiuto di atti d'ufficio poi, a cascata, quello di sequestro di persona. La questione, dunque, sarebbe tutta di diritto, per cui una valutazione nel merito, fatta in appello, sarebbe superflua.
Il ricorso
Da qui l'impugnazione davanti agli Ermellini chiamati a decidere sulle eventuali violazioni di legge. Nel ricorso (tecnicamente si chiama “per saltum”) i pm sostengono dunque che l'assoluzione sarebbe viziata da violazioni di leggi. «Il Tribunale di Palermo - si legge nell'impugnazione - ha accolto pienamente le prospettazioni del Pubblico Ministero sulla complessiva ricostruzione dei fatti, divergendo dalla tesi accusatoria solo con riguardo all'individuazione e interpretazione della normativa applicabile alla fattispecie». Nell'impugnazione i pm citano poi la decisione delle Sezioni Unite Civili della Cassazione del 18 febbraio 2025 che ha condannato il ministero dell'Interno per un caso analogo, quello della nave Diciotti, a cui pure fu negato lo sbarco.
Il governo
«È surreale questo accanimento dopo un fallimentare processo di tre anni - a un ministro che voleva far rispettare la legge - concluso con un'assoluzione piena», dice la premier Giorgia Meloni. Pesante anche il giudizio di Carlo Nordio, ministro della Giustizia: «Niente impugnazione contro le sentenze di assoluzione, come in tutti i Paesi civili. Altrimenti finiamo a ciò che è avvenuto col caso Garlasco».
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