Una barriera insormontabile che taglia in due viale Diaz e la città dal fronte mare. I lavori per la metro di superficie stanno mandando in malora non solo i nervi degli automobilisti, costretti a interminabili code per percorrere poche centinaia di metri, ma anche gli affari dei commercianti della zona. Parcheggiare è ormai un’impresa, nel caso poi la fortuna stesse dalla parte degli automobilisti, attraversare è impossibile a causa della recinzione che limita il cantiere da piazza Madre Teresa di Calcutta sino a via Sonnino. Disagi amplificati dalla percezione che le opere procedano troppo lentamente e che la loro fine sia ancora lontana.
Ingabbiato
Giuseppe Conti, 75 anni, non vuole alzare bandiera bianca. La sua edicola di viale Diaz, nell’ex parcheggio del Cis, è ingabbiata dalla staccionata che delimita l’area dove sono in costruzione le vasche di laminazione. Tutt’intorno cartacce, bottiglie rotte e plastica. Impossibile raggiungerlo se non dopo aver affrontato il labirinto di reti metalliche. «Ho iniziato a vendere giornali da ragazzino, mio padre aveva un chiosco in via Roma, dove ora c’è il Consiglio regionale. Poi il trasferimento al porto e dal 2005 sono qui». Sopravvivere non è facile. «In viale Diaz non passa più nessuno, neanche il trasportatore delle riviste». Di necessità virtù. «Mi alzo tutti i giorni alle 3 e vado a prendere i giornali in altre edicole. Per fortuna i clienti sono affezionati e affrontano lunghe camminate per arrivare sin qui». Conti è scoraggiato. «È dal 2020 che sono in queste condizioni. Ho chiesto aiuto al Comune e che spostassero l’edicola poco più in là, nei parcheggi del Banco di Sardegna, ma mai nessuna risposta».
Isolato
All’incrocio con via Stazione Vecchia, Emanuel Argiolas, è alla cassa della sua rivendita di attrezzature da surf. «Siamo completamente isolati, i nostri clienti sono costretti a lasciare l’auto a centinaia di metri, non esiste più l’acquirente di passaggio». Gli affari? «Male, molto male. In quest’ultimo periodo abbiamo calcolato un crollo del 50 per cento. Ma il vero incubo è che non si vede l’orizzonte della fine dei lavori».
Strategia perversa
All’angolo tra viale Diaz e via Sonnino, il parrucchiere Alessandro Frongia, fa la sua analisi. «Se i cantieri si trascinano così a lungo è chiaro che la città va a soqquadro. Magari il progetto è proprio questo: tra 20 anni quando saremo commercialmente morti – afferma - gli speculatori compreranno le nostre attività per pochi euro».
Il deserto
Alessandro Manunza, del Galaia City, è furente. «I disagi non sono solo causati dal traffico e dai parcheggi che tengono lontani i clienti dal ristorante: sono devastanti anche gli “effetti collaterali”. La scorsa settimana, a causa dei lavori, l’acqua è mancata per due giorni e noi per due giorni non abbiamo potuto lavorare. Non fosse bastato – aggiunge – l’impalcatura del palazzo dell’Inps ha causato un imbuto terribile per le auto».
Carico e non scarico
Oltre la trincea, dove passano le auto, una trattoria romana. «Sta andando male, quando piove è un disastro: prima a pranzo facevamo 60 coperti, ora a malapena arriviamo a 30», racconta Paola Desotgiu, mentre sistema il locale. «I problemi maggiori li abbiamo per i parcheggi. Per il carico e scarico i furgoni sono costretti a fermarsi sul marciapiede, per non parlare delle persone con disabilità che non hanno uno spazio a loro riservato. Chiediamo solo che consentano l’attraversamento dei pedoni quando i lavori sono fermi».
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