Criminalità

Detenuti al 41 bis nel carcere di Uta:tutti uniti per il no 

Ornano: purtroppo arriveranno Todde: decisione calata dall’alto 

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Inviato

Uta. «Arriveranno», sentenzia la presidente del Tribunale del Riesame Maria Cristina Ornano gelando le centinaia di persone che affollano l’Aula consiliare: «Per me è cosa certa». Parla dei 92 detenuti al 41 bis destinati al carcere attivo da undici anni a Uta, e snocciola dati: la Sardegna, con le sue 10 carceri (colonie e Rems di Capoterra incluse) ospita già il più alto numero di detenuti rispetto ai residenti (uno ogni 670; il Veneto ne ha uno ogni 1.437, il Trentino uno ogni 2.000).

In tutto, nell’Isola, i reclusi sono 2.547, di cui già 93 sottoposti al regime di massima sicurezza: con i nuovi, quindi, saranno 185. Troppi, per il sistema carcerario isolano, che il presidente dell’Ordine degli avvocati della Sardegna, Matteo Pinna, definisce «un disastro civile». E pericolosi.

Rischio infiltrazioni

«Il rischio di infiltrazioni da parte della comunità organizzata, con l’arrivo nell’Isola dei detenuti e dei loro familiari, è concreto», scandisce Ornano in un’aula consiliare dove sono riuniti, su invito del sindaco Giacomo Porcu, un bel po’ di sindaci, ma anche parlamentari e consiglieri regionali del Sud Sardegna (nessuno del centrodestra, nota il presidente del Consiglio regionale, Giuseppe Frau). Un timore espresso nei mesi scorsi dal procuratore generale Luigi Patronaggio (annunciato fra i relatori, non ha potuto esserci per impegni d’ufficio).

La presidente della Regione Alessandra Todde annuisce: cita il caso di Alghero («Il sindaco mi ha parla di infiltrazioni capillari, perfino nei negozi») e Nuoro («Sono nata lì, ricordo come cambiò il clima in città quando a Badu ‘e Carros era recluso Raffaele Cutolo», il boss della camorra). «L’economia sarda – rimarca Todde – è fragile e fatta di piccole realtà: non sopporta l’impatto grandi capitali». E indica un altro pericolo: «Oggi in Sardegna sono in corso grandi investimenti pubblici, su tutti l’Einstein telescope: tanti soldi, che fanno gola».

Margini di trattativa

Tutti d’accordo, in sala: bisogna dire no. Ma ci sono ancora margini per evitare quella che ha tutte le sembianze di una nuova forma di servitù? Todde, a differenza di Ornano e della Garante dei detenuti Irene Testa che parla di «decisione ormai presa», ritiene di sì. Parla di «decisione calata dall’alto», accusa il ministro della Giustizia Carlo Nordio di non aver mantenuto le promesse («Due mesi fa si impegnò formalmente a discutere la questione con le istituzioni isolane. Non ci ha più fatto sapere niente») e annuncia battaglia: «Gliene chiederemo conto nelle sedi opportune. Quest’iniziativa ci dà forza: difenderemo la Sardegna».

Legge da cambiare

Il senatore Marco Meloni sembra condividere il pessimismo sui 92 destinati a Uta ma fissa una linea di resistenza: «Ho presentato una proposta di modifica della legge del 2002 che individua le isole come collocazione ideale per i detenuti al 41 bis». Le isole: ma la Sicilia, per ragioni di contesto, è esclusa. Resta la Sardegna: «Se non ci opporremo tutti uniti e con forza all’applicazione di una legge che appartiene ad altre epoche, ce ne manderanno altri 800».

Prospettive inquietanti, viste da Uta. «Il carcere – ricorda il sindaco Porcu – per noi è un paese nel paese. Tra detenuti (molti, ben oltre la capienza) e agenti (pochi) sono mille persone». Ci mancherebbe solo il plotone di affiliati alle cosche. Il sindaco di Cagliari e della Città metropolitana, Massimo Zedda, ringrazia il collega per aver convocato il dibattito e parla a nome dei Comuni del sud Sardegna: «Stanno già facendosi carico di incombenze pesanti, dalle basi militari al centro di prima accoglienza per migranti di Monastir agli sbarchi. Ora si parla di deposito delle scorie nucleari e di detenuti al 41 bis: sembrerebbe che si sia scelto di scaricare problemi statali nella nostra isola (e non, chissà perché, in altre regioni in cui si andava al voto). Una prospettiva inaccettabile». Tanto più che la situazione della criminalità in Sardegna è già allarmante: Zedda cita gli scambi di stupefacenti tra sardi e calabresi, l’ex vicequestore Antonello Caria (nel suo curriculum anche la scorta al giudice Falcone), oggi sindacalista nel Siulp, evidenzia tracce “pugliesi” nelle tecniche paramilitari utilizzate negli ultimi assalti ai furgoni portavalori.

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