Ogni muro è una tela bianca. Meglio se "sdrucita", anche abbandonata. Comunque in bella vista, magari dentro la città, in centro o in periferia. A farle rivivere, quelle pareti, sono le "pennellate" di colore dei writer, i graffiti e i murales degli scrittori e dei narratori delle pagine di cemento urbane. Capaci di scovarle anche nei punti più remoti.

Prendi per esempio una vecchia fabbrica chiusa da anni e mai più riaperta. Testimonianze di archeologia industriale più o meno esaltante, ricca di storia ma anche d'inquinamento. Non sono rare, in tempo di crisi. E qualcuna deve anche fare i conti con i sigilli imposti dal sequestro.

Dalle parti di Macchiareddu, nel cuore del polo produttivo tra Cagliari, Assemini, Uta e Capoterra, ce ne sono alcune.

Da fuori domina il grigiore assoluto. La desolazione. Oltre il cancello e la recinzione ancora degrado. Memoria persa tra i vecchi caseggiati.

Dentro gli edifici i graffiti. I messaggi. Forti e banali, politici e sconci. Sono i disegni perfetti di altrettanto perfetti muralisti.

Restano lì a sbiadire. Sulle pareti-tela che pia piano s'invecchiano portandosi dietro i loro colori.
© Riproduzione riservata