Esattamente 10 anni fa svaniva nel nulla Yara Gambirasio. Il primo atto di una vicenda tragica e angosciante, che ha sconvolto l'Italia e che ancora oggi desta sgomento.

Era il 26 novembre 2010. Yara, 13 anni, esce dalla palesta di Brembate di Sopra (Bergamo) dove risiede con la famiglia. Ma non fa ritorno a casa. I genitori danno l'allarme. Ma della ragazzina non c'è traccia, nonostante le ricerche a tappeto delle forze dell'ordine.

Dopo tre mesi, la macabra scoperta: a Chignolo d'sola, poco distante da Brembate, un aeromodellista s'imbatte per caso nel cadavere della piccola, abbandonato in un campo.

E' il 26 febbraio 2011 e le indagini si fanno sempre più affannate e convulse, tra false piste e testimonianze contrastanti.

Tocca allora al Dna. Esami a tappeto vengono fatti a Brembate e in numerosi Comuni della provincia di Bergamo. Si circoscrive, infine, il campo. Anzi, si individua un Dna corrispondente quasi alla perfezione con quello dell'assassino, che viene soprannominato "Ignoto 1".

L'inchiesta prosegue per altri tre lunghissimi anni. E il 16 giugno 2014 gli inquirenti danno finalmente un nome e un volto a "Ignoto 1": viene arrestato Massimo Giuseppe Bossetti, manovale di Mapello. Sarebbe stato lui a rapire Yara, per poi ucciderla e lasciarne il corpo senza vita a Chignolo.

Inizia il processo. Due condanne all'ergastolo. Poi l'ultimo atto in Cassazione.

E il 12 ottobre 2018 la Suprema corte conferma a Bossetti il carcere a vita, mettendo la parola fine al giallo di Brembate, ma non al dolore dei familiari e degli amici della piccola Gambirasio.

(Unioneonline/l.f.)

Novembre 2020

Ottobre 2020
© Riproduzione riservata