Venerdì 22 novembre 1963, ore 12.30, Dallas: viene ucciso il 35esimo presidente degli Stati Uniti d'America, John Fitzgerald Kennedy.

Mentre viaggia a bordo della limousine presidenziale con la moglie Jacqueline, il governatore del Texas John Connally (che resta gravemente ferito) e la moglie di quest'ultimo Nellie, Kennedy viene ferito a morte in Dealey Plaza da colpi di fucile sparati da Lee Harvey Oswald, operaio, attivista ed ex militare.

Giunto in Dealey Plaza, mentre Kennedy saluta la folla, l'auto su cui viaggia viene presa di mira da diversi colpi di fucile e lo stesso Presidente viene colpito mortalmente alla schiena e alla testa.

Alle 14.38 sull'aereo presidenziale il vicepresidente Lyndon Johnson, con accanto Jacqueline con gli abiti ancora sporchi di sangue, giura fedeltà alla Costituzione e diventa il 36esimo presidente Usa.

Oswald, arrestato per l'omicidio, non arriva mai a un regolare processo perché viene ucciso dal gestore di un night club, Jack Ruby, che giustifica così il suo atto: "Non volevo essere un eroe, l'ho fatto per Jacqueline, volevo risparmiarle il processo all'uomo accusato di aver ucciso il marito".

La Commissione d'inchiesta arriva alla conclusione che Oswald ha ucciso da solo Kennedy, e Jack Ruby ha ucciso da solo Oswald. Il killer, secondo la commissione "psicolabile, mentalmente disturbato, frustrato, filo-castrista e violento", ha deciso di uccidere Kennedy "per diventare famoso".

Tuttavia, col passare degli anni, sempre meno gente negli Usa e nel mondo ha creduto alla tesi del pazzo solitario. E sono emerse le più disparate teorie complottiste, alcune più plausibili, altre campate in aria.

(Unioneonline/L)

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