Il 24 agosto 1991, con le dimissioni di Mikhail Gorbaciov, finisce l'era del Partito Comunista e con esso l'Unione Sovietica.

Grande protagonista della catena di eventi che portarono alla dissoluzione dell'Urss e alla riunificazione della Germania, Gorbaciov è l'artefice - con le sue politiche - della fine della guerra fredda.

Unico ex segretario del Pcus ancora in vita, nel 1990 ha vinto il Nobel per la pace.

Nel 1985 viene eletto segretario del Pcus e dà il via a una serie di riforme che diventeranno famose con i termini glasnost (liberalizzazione, apertura, trasparenza) e perestrojka (ricostruzione).

Il suo programma di riforme - soprattutto economiche - in senso liberale fu approvato dal partito, e nell'Urss iniziò la rivoluzione.

Già dall'86 si arresta la corsa agli armamenti di Usa e Urss. Due anni dopo le politiche di Gorbaciov sono incentrate sulla concessione di maggiori libertà agli individui. Il 1989, anno della caduta del Muro di Berlino, è anche quello in cui si fanno sempre più duri i contrasti col rivale Boris Eltsin.

L'anno dopo il Congresso dei rappresentanti del popolo dell'URSS (primo Parlamento costituito sulla base di libere elezioni) lo elegge presidente dell'Unione Sovietica.

Iniziano nel frattempo le spinte dissolutrici da parte dei movimenti nazionalisti in diversi Paesi dell'Unione Sovietica. Inizialmente non reagisce, poi usa la forza militare, provocando vittime e accrescendo i sentimenti indipendentisti.

L'anno dopo - il 24 agosto - arrivano le dimissioni, e la fine del partito comunista. Presidente russo diventa Boris Eltsin.

(Unioneonline/L)

Agosto 2019

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