Il 12 dicembre 1969, alle 16.37, un ordigno con sette chili di tritolo esplode all'interno della Banca Nazionale dell'Agricoltura, nel centro di Milano.

Il bilancio è drammatico, 17 i morti, 88 i feriti.

Si tratta del primo attentato terroristico del dopoguerra, e dell'evento che dà il via agli anni di Piombo e alla strategia della tensione in Italia.

Nello stesso giorno un'altra bomba viene trovata inesplosa a Milano e tre esplodono a Roma, causando in totale 16 feriti.

Le indagini inizialmente sono rivolte agli anarchici. Il primo ad essere fermato è Giuseppe Pinelli, che muore cadendo giù dalla sede della Questura (ma questo è un altro capitolo della storia, anche se legato alla strage, così come l'omicidio del commissario Luigi Calabresi). Anche Pietro Valpreda viene arrestato, ma è innocente.

L'attenzione si sposta poi sui fascisti, anche loro verranno assolti.

Alla fine nell'ultimo processo, cominciato nel 2000, la Cassazione assolve gli imputati ma afferma che la strage fu effettuata dalla cellula eversiva di Ordine Nuovo (gruppo di estrema destra) capitanata da Franco Freda e Giovanni Ventura, non più processabili perché già assolti definitivamente nel 1987, nel precedente processo per la strage.

Restano ignoti gli esecutori materiali.

Anche su questa, come su tutte le altre stragi italiane, incombe l'ombra di pezzi dello Stato deviati.

(Unioneonline/L)

Ottobre 2018

Settembre 2018

Agosto 2018

Luglio 2018

Giugno 2018

Maggio 2018

Aprile 2018

Marzo 2018

Febbraio 2018

Gennaio 2018
© Riproduzione riservata