È la notte tra il 5 e il 6 dicembre del 2007 quando a Torino scoppia un incendio alla ThyssenKrupp, la più importante azienda d'Europa nel settore siderurgico.

Sette operai vengono letteralmente investiti da una colata di olio bollente, che prende fuoco.

Quando arrivano i soccorsi, sono tutti ancora vivi, ma in agonia.

Il primo a morire è Antonio Schiavone, alle 4 del mattino. Tutta l'Italia, nei giorni a seguire, si stringe intorno al dolore dei familiari dei feriti più gravi. Nessuno di loro ce la farà: tra il 7 e il 30 dicembre muoiono Giuseppe Demasi, Angelo Laurino, Roberto Scola, Rosario Rodinò, Rocco Marzo e Bruno Santino.

L'indignazione è comprensibile e generale, con i dirigenti dello stabilimento presi a insulti nel giorno dei primi funerali, i festeggiamenti di Capodanno annullati e un'intera città a lutto.

Il processo per individuare i responsabili si è concluso in Cassazione nel 2016: tra gli imputati l'ex ad Harald Espenhahn, condannato a nove anni e otto mesi, e i dirigenti Marco Pucci e Gerald Priegnitz a sei anni e dieci mesi.

Ma non c'è condanna che possa sanare la ferita di un Paese che ha ancora troppe falle in materia di sicurezza sul Lavoro.

(Unioneonline/D)

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